Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 10,38-42.
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.
Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola;
Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,
ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».
Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola;
Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
Ma Gesù le rispose: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,
ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta».
In questa 16ª domenica del tempo ordinario impariamo l’arte dell’ospitalità, o meglio come riconoscere e far posto nella nostra quotidianità all’ospite divino che vuol stare con noi. E’ S. Paolo nella 2ª Lettura tratta dalla Lettera ai Colossesi che ci rivela “il mistero nascosto da secoli e da generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi (…) cioè Cristo in voi.” Sì, Dio è in mezzo a noi, in me, nel mio cuore e nella mia vita, sta a noi percepirne la presenza, come ha fatto Abramo. L’episodio della 1ª Lettura tratta dal libro della Genesi è un evento che a quei tempi era abbastanza comune, le distanze erano percorse a piedi e magari per diversi giorni, succedeva così di dover accogliere i viaggiatori e l’ospitalità era un dovere sacro. Abramo premuroso va incontro a questi tre uomini sconosciuti e dopo un gesto di accoglienza si rivolge a loro passando però dal singolare al plurale, invitando a fermarsi e ad accettare la sua ospitalità. Chi sono questi ospiti? E’ il “mio signore” come lo chiama Abramo, accompagnato da due angeli? E’ la Trinità come ravvisato da alcuni Padri della Chiesa e mirabilmente rappresentata nella famosa icona? Il testo non lo dice, ma evidenzia il profondo sentimento di rispetto e grande considerazione di Abramo nei loro confronti; la premura con cui prepara cibi e bevande per rifocillarli è indicativa di ciò. Abramo ha a cuore il bene degli ospiti, non tanto di far bella figura, pensa a loro mentre si affanna a preparare. E’ questa sua attenzione che è premiata dal Signore che gli promette la nascita tra un anno del tanto sospirato figlio. Nel Vangelo di Luca invece vediamo l’ospitalità di Marta che si affanna per ben accogliere Gesù e i suoi apostoli, ma si lascia prendere dalle molte faccende dimenticando così le attenzioni dovute all’ospite che passa come in secondo piano. Al centro delle sue azioni doveva esserci Gesù non, forse, il desiderio di far bella figura e arrivare a preparare tutto per bene. Maria invece con un gesto inusuale per l’epoca si mette ai piedi di Gesù per ascoltarlo, nessuno dei presenti la rimprovera per essere lei, donna, ad ascoltare il Maestro, cosa solo riservata agli uomini. E’ la stessa Marta che interviene stizzita chiedendo al Signore di mandare Maria in suo aiuto, in questo modo reclama per sé quell’attenzione che lei non sta offrendo, tutta concentrata nelle sue cose. Il Signore rispondendole ci dà una lezione di stile, infatti non la rimprovera con durezza rischiando solo di esasperarla ancora di più, ma la chiama ripetendo per due volte il suo nome e sembra quasi di sentirne la dolce attenzione che le riserva. Poi le fa comprendere il suo errore, quell’agitazione nel fare che distoglie da ciò che è più importante, ossia mettere al centro l’ospite riservando per lui un cuore in ascolto, come sta facendo Maria. Ascoltare il Maestro è riconoscere la sua presenza nella nostra quotidianità, cogliere le sue ispirazioni e i suoi desideri, sentire che ci accompagna sempre. E’ questa la cosa importante, quella che nessuno potrà mai toglierci se non noi stessi con la nostra distrazione e superficialità. Vivere con l’ospite divino vuol dire mettere al centro Lui, non le nostre preoccupazioni e allora scopriremo che il nostro fare in casa, sul lavoro, a scuola e in vacanza assume un’altra dimensione, quella della gratuità e della libertà di chi non va in cerca di applausi e soddisfazioni, ma cerca solo di piacere al Signore che vede e ricompensa, magari con la nascita dell’uomo nuovo che reca in sé l’immagine di Dio, il totalmente Amore e Dono.
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate