XXX Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 13,10-17.

In quel tempo, Gesù stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.
C’era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.
Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: «Donna, sei libera dalla tua infermità»,
e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: «Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato».
Il Signore replicò: «Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l’asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?
E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott’anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?».
Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.

 

“Gioisca il cuore di chi cerca il Signore…cercate sempre il suo volto” (cfr ant. d’ingresso).
Così si apre la preghiera della chiesa in questa domenica, una promessa di gioia che si concretizza
nel compito di cercare sempre.
Sì, il nostro è un Dio che non solo promette, ma è un Dio fedele che mantiene le sue promesse,
accompagnandoci lungo il cammino della loro realizzazione. Quale promessa?
Questa domanda trova rispsota in quella di Gesù a Bartimeo, un cieco figlio di Timeo che stava
lungo la strada a mendicare: «Che cosa vuoi che io faccia per te?» (cfr Mc 10,46-52). Domenica
scorsa i due discepoli, in cammino con Gesù lungo la strada, si sono sentiti dire: «Voi non sapete
quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono
battezzato?» (Mc 10,38) e invece oggi è Gesù stesso a fare la domanda.
Marco non vuole presentare un miracolo di guarigione, ma un modello di discepolato, Bartimeo è il
modello del discepolo perché unisce in sé fede e sequela: se all’inizio lo troviamo seduto sulla
strada a mendicare, alla fine del racconto egli segue Gesù lungo la strada e, a segnare questo
cambiamento di posizione, è proprio la chiamata di Gesù. Gesù chiama il cieco e Bartimeo lancia
via il mantello.
Grazie Gesù, perché oggi ci porti a ricordare, a ri-dare-cuore, al nostro camminare dietro a te. Infatti
non ci siamo incamminati dietro a te per avere gloria e onore, ma perché siamo stati “presi” da te e
da quanto ci hai promesso. Anche noi eravamo seduti lungo la strada, “ciechi” a mendicare la
pienezza della vita, e un giorno il nostro grido, il nostro desiderio profondo ha trovato espressione
in parole come quelle del cieco Bartimeo: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!».
Così il nostro cuore ti ha autorizzato ad agire, ad entrare nella nostra vita. Tu però sai che seguirti è
un lungo cammino alla scoperta della verità di chi siamo – persone libere che vanno liberate per
liberare altri – e ci hai chiesto: «Che cosa vuoi che io faccia per te?».
Bartimeo si è lasciato guarire dalla cecità e si è messo a seguirti sulla strada, la strada verso
Gerusalemme, meta di quel cammino di sequela della croce – “Se qualcuno vuol venire dietro a me,
rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34) – che i Dodici sono ancora esitanti a
intraprendere con consapevolezza (cfr P. MASCILONGO, Il Vangelo di Marco, Città Nuova, Roma, 2018,
p.613).
Siamo stati chiamati a seguirti così, per essere guariti e per iniziare a riconoscerti sempre e di nuovo
come Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio (cfr Mc 1,1)
Mantieni in noi o Signore quest’audacia!

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate