Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 17,11-19.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,
alzarono la voce, dicendo: «Gesù maestro, abbi pietà di noi!».
Appena li vide, Gesù disse: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono sanati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;
e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?
Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse:
«Alzati e và; la tua fede ti ha salvato!».
Oggi, 28ª domenica del tempo ordinario Gesù ci rivela che gli piace essere ringraziato. Bella scoperta, vero? A chi, infatti, non piace sentirsi rivolgere un bel grazie, magari accompagnato da un sorriso? Ecco in questo Gesù è come noi, sensibile come uomo alle manifestazioni di riconoscenza, anche se non le chiede né tanto meno le pretende, però gli fanno piacere. Teniamo presente questo non solo quando trattiamo con i nostri simili, ma anche quando ci rivolgiamo a Dio, un bel grazie poi fa bene anche a chi lo dice rendendolo più amabile. Nel Vangelo (Lc 17,11-19) infatti, è messo bene in evidenza che la gratitudine non è solo un gesto di pura cortesia, ma è un atteggiamento che sgorga dalla consapevolezza di essere dei poveri che hanno bisogno e quindi dopo aver ricevuto un dono, sentono anche, e forse soprattutto il bisogno di ringraziare. L’episodio dei dieci lebbrosi che si rivolgono a Gesù per essere guariti non è solo il racconto della capacità del Signore di compiere miracoli, ma ci fa riflettere anche su come gli uomini, di ieri e di oggi, vivono il rapporto con Lui. Certo ora se siamo malati andiamo subito dal medico, ma se non guariamo allora cominciamo a chiedere al Signore con la fede e la fiducia di cui siamo capaci e poi se non siamo risanati ci lamentiamo di Dio perchè non ci ha ascoltato, ma se ritroviamo la salute ci ricordiamo di ringraziarlo? Dipende dalla nostra fede, ossia dal legame più o meno stretto che abbiamo con Dio. L’unico dei lebbrosi che è tornato a ringraziare manifesta non solo gratitudine, ma anche la sua fede perché riconosce che la guarigione dipende da chi ha un potere superiore agli altri uomini, un potere che viene da Dio, quindi non gli basta essere guarito, ma vuole conoscere meglio quest’uomo e allora torna sui suoi passi lodando il Signore. Il gesto che fa di prostrarsi davanti a Gesù, è quello di chi riconosce di essere di fronte a un essere superiore, lui che come Samaritano era considerato dai Giudei un eretico, un miscredente, ha invece una fede solida. Gesù stesso lo elogia e proprio per questa fede ora non è solo guarito, ma anche salvato, partecipe della salvezza che è venuto a portare agli uomini riconciliandoli con Dio e renderli partecipi della vita eterna. E’ quanto ha potuto sperimentare anche Naaman Siro, (1ª Lettura) anche lui straniero che dopo essersi bagnato sette volte nel Giordano come gli aveva ordinato il profeta Eliseo si ritrova guarito. Ritorna perciò da lui non solo per ringraziare, ma per professare la sua fede nel Dio d’Israele che non conosceva, e che ora proclama come l’unico su tutta la terra col fermo proposito di pregare solo Lui e non gli dèi adorati dal suo popolo. C’è da aggiungere che allora i malati di lebbra erano allontanati dalla vita comune perché ritenuti immondi, erano considerati alla stregua dei peccatori ecco perché si parla di purificazione. La lebbra del corpo è figura di quella dell’anima sfigurata dal peccato e c’è bisogno di chi purifichi; allora la purificazione avveniva mediante il sangue di animali che erano offerti nel sacrificio di espiazione, ora è il sangue di Cristo offerto una volta per sempre sulla croce a togliere il peccato del mondo, la lebbra da cui siamo colpiti. Come i lebbrosi anche noi chiediamo di essere purificati e poi ringraziamo di cuore il Signore per la grazia ricevuta anche perché, come ci ricorda S. Paolo nella 2ª Lettura, Egli rimane fedele, anche se noi manchiamo di fede nei suoi confronti.
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate