XXVI Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 21,28-32.

In quel tempo, disse Gesù ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli; rivoltosi al primo disse: Figlio, và oggi a lavorare nella vigna.
Ed egli rispose: Sì, signore; ma non andò.
Rivoltosi al secondo, gli disse lo stesso. Ed egli rispose: Non ne ho voglia; ma poi, pentitosi, ci andò.
Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Dicono: «L’ultimo». E Gesù disse loro: «In verità vi dico: I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio.
E’ venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli».
Fammi conoscere Signore le tue vie, insegnami i tuoi sentieri, guidami nella tua verità e istruiscimi!
(salmo 24,4-5)
Sì, o Signore, guidami nella verità, perché tu sei la via, la verità e la vita.
Non basta dirti di sì, Gesù, tu vuoi che io faccia. Ecco perché ancora devo convertirmi!
Convertirsi è accettare un invito, è cercare di progredire sulla strada che ci indichi con grande
fiducia nella misericordia del Padre.
Convertirsi richiede la disponibilità a riconoscere il proprio errore e a tirarne le conseguenze. Se
non voglio cambiare, non posso capire il contrario di quanto faccio, ma l’onnipotenza del Padre si
rivela nella sua misericordia. Egli infatti non mi abbandona. Egli è giusto e valorizza al massimo
ognuno di noi, guardando alla responsabilità di ciascuno, fino al momento in cui siamo disposti a
smettere di fingerci dei giusti.
A ragione oggi mi chiedi: “Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra?” (Ez. 18,25)
San Paolo mi ricorda che non devo fare nulla per rivalità o vanagloria, ma, con tutta umiltà, devo
considerare gli altri superiori a me stesso. Devo cercare non solo l’interesse mio, ma anche quello
degli altri (cfr. Fil. 2, 3).
Tu Gesù hai fatto così, ti sei liberamente spogliato, non della natura divina, ma della gloria che ti
spettava di diritto, non considerando un tesoro geloso la tua uguaglianza con il Padre (Fil. 2,6).
E questo per mostrarmi che la mia realizzazione sta nel fare la volontà del Padre.
Dire di sì a lui, è dire sì a chi sono chiamato ad essere.
Devo essere quel figlio che con i fatti compie la volontà del Padre.
Posso essere figlio non per diritto, ma solo per la misericordia che sono disposto ad accogliere.
Fare la volontà del Padre non è altro che riconoscermi figlio e vivere da fratello.
Questo è possibile se ti ascolto, perché tu mi conosci e per questo posso seguirti (cfr. Gv. 10,27),
posso fare come hai fatto tu e lasciare entrare in me i tuoi stessi sentimenti (Fil. 2,5).
Conta fare il bene, questo è ciò che mi insegni oggi.
Fare il bene è seguire ciò che mi metti nel cuore attraverso il sussurro dello Spirito, è partecipare
già ora alla felicità eterna, è godere del dono della grazia che il Padre continua ad effondere su di
me, su di noi (cfr. Colletta XXVI Domenica per anno).
Quanti sì ti dico Signore e poi con i fatti li smentisco!
Quanto ti onoro solo con la bocca, mentre il mio cuore è lontano da te.
Ammetto Signore che è la mia condotta a non essere retta e chiedo che il tuo Spirito mi renda
docile alla Parola e mi doni i tuo stessi sentimenti (cfr. Colletta XXVI Domenica per anno A).
Non voglio più pretendere di difendere le mie ambiguità, di nascondermi dietro un apparente sì, ma
desidero intendere i tuoi appelli per rispondere, per smascherare tutti i miei inganni e seguire il
vangelo, anche se è una rischiosa libertà.
Resterà sempre la tentazione di dire sì a parole all’esigenza dell’amore, ma poi costruire viuzze
per sottrarmi. Le mie lamentele confermano che sono difforme dai tuoi sentimenti.
Solo chi compie di fatto la tua Parola è nell’obbedienza della fede e vive l’atteggiamento filiale.
Quanto assomiglio invece al figlio che oggi ti dice che andrà a lavorare nella vigna (cfr. Mt. 21,29),
ma poi non ci và. Quanto assomiglio al figlio maggiore della parabola del Padre misericordioso,
che ti accusa di non avergli mai dato un capretto per fare festa con gli amici (cfr. Lc. 15,29).
La gioia di figli ci apparterrà se accettiamo di configurarci al cuore del Padre.
Dipende da me, . Sì, con la mia condotta di vita, sono proprio io a scegliere se vivere o morire (cfr.
Ez. 18,26-27).
Ecco che la sola cosa che posso chiederti è di guidarmi nella verità, perché vedendo queste cose,
mi penta per credere in te (cfr. Mt. 21,32).
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate