XXIII Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 18,15-20
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello;
se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

L’amore vicendevole: ecco l’unico debito che sempre avremo verso tutti! (cfr. Rm 13,8)

Che cosa grande è essere persone, aperte e capaci di fare comunità, disponibili ad essere ciò per cui tu ci hai creati: popolo vivo nel tuo cuore, nel tuo amore. “Davvero ci hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore ci hai coronato” (cfr. Sal.8,6).

In te Signore non siamo solo uomini e donne nuove, rinnovati nella tua immagine di figlio e fratello, ma siamo anche uno tra noi, membra del tuo corpo. Questo è il motivo per cui può oggi risuonare forte nei nostri cuori: “Dov’è tuo fratello?” (cfr. Gn 4,8) e, forse poveri noi, sì poveri noi se ti rispondiamo come ha fatto Caino: “Non lo so. Sono forse io il custode di mio fratello?” (cfr. Gn 8,9).

Anche se oggi fosse questa la mia risposta, va bene lo stesso, perché tu sei qui pronto a spiegarmi il motivo per cui ho una responsabilità per l’altro. Sempre mi devo però ricordare che la carità non fa alcun male al prossimo (cfr. Rm 13,10) e che, come ci chiedi oggi, correggere ha senso solo se è un gesto d’amore. E so bene che un gesto d’amore vale più di mille parole.

Come si fa Gesù?

Semplice, dirai tu, basta che nell’altro io veda una persona, un fratello, e non l’astratta contraddizione alle mie idee e alle mie scelte. No, non è così semplice guardare oltre e vedere la persona in se stessa!

A me viene più semplice un giudizio, quasi forense sul suo agire, critiche a volte malevole a cui si può solo rispondere con un indurimento difensivo, altro che incontro d’amore! Solo in una comunità dove ognuno è accolto nei suoi limiti, non è giudicato se sbaglia, è assolto se colpevole, è ricercato se smarrisce, è perdonato se pecca, ci può essere la correzione di cui ci parli oggi.

Allora ecco che tu mi dici sì di correggere l’altro se è su una via di morte,ma mi chiedi anche “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?” (Mt. 7,3).

La correzione non viene da me, ma dall’ascolto vero della parola che esce dalla tua bocca, sei tu a dirmi di cosa avvertire l’altro che mi sta accanto. (cfr. Ez. 3,17) Ma tante volte questo non si realizza con un mio ammonire, un mio dire… ma con il mio convertire il mio cuore e il mio agire. Per questo la correzione è il cuore della vita comunitaria e non il suo inizio.

Non si tratta di una lotta interpersonale, ma essere gli uni per gli altri: l’unico modo in cui possiamo edificare la comunità.

Questo però è un tuo dono, Gesù, è la forza della tua presenza. Infatti tu ci hai promesso:“se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro” (Mt. 18,19-20). Tu, il Risorto, hai riconciliato a te il mondo affidando a noi la parola di riconciliazione. Siamo tutti peccatori, bisognosi sempre del tuo perdono e di quello degli altri. Questo è il modo con cui possiamo essere responsabili gli uni per gli altri: perdonando e lasciandoci perdonare, perchè  correggere è espressione di alta misericordia e solo nella misura in cui ci accogliamo e ci sentiamo a nostra volta accolti, accettiamo le osservazioni senza aggressioni, ma come vero segno del tuo amore.

Farci carico del peccato dell’altro, per ristabilire la fraternità…è ciò che hai fatto tu con noi, con me. Forse io non posso fare altrettanto? “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri”. (Gv.13,34)

Amatevi gli uni gli altri…

“Se uno vede il proprio fratello commettere un peccato che non conduce alla morte, preghi, e Dio gli darà la vita: a coloro, cioè, il cui peccato non conduce alla morte”. (1 Gv. 5,16)

Prega… così di certo non sarò rivale dell’altro, non cercherò di emergere sopra l’altro, di essere più dell’altro, ma come hai fatto tu, sarò servo, un “fuori casta” (da un commento di don Oreste Benzi) capace di comunicare il tuo perdono e la tua misericordia, perché la mia vita sarà trasparenza di te. Così con il mio modo di essere fratello potrò ricondurre l’altro alla verità, a te che aspetti tutti noi che ci riconosciamo peccatori e il nostro vivere insieme sarà per il meglio e non per il peggio (cfr .1 Cor.11,17).

Allora oggi Gesù prego: sto in silenzio davanti e a te. Sto in silenzio e ti ascolto, affinché io mi possa nutrire delle briciole che cadono dalla tavola che Dio ha preparato per gli altri attraverso di me. (Matta el Meskin, monaco del deserto egiziano).
Monache Benedettine Monastero SS. Salvatore Grandate