XXI Domenica del Tempo Ordinario, anno B

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,60-69.

In quel tempo, molti tra i discepoli di Gesù, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?».
Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza?
E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima?
E’ lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita.
Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito.
E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio».
Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.
Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?».
Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna;
noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».

Oggi siamo chiamati a scegliere, chiamati a decidere da che parte stare, chiamati a decidere il senso del nostro esistere. “Sceglietevi oggi chi servire”, dice Giosuè a tutto il popolo d’Israele radunato a Sichem (cfr Gs 24). “Volete andarvene anche voi?”, dice Gesù ai Dodici (cfr Gv 6,60-69). “Signore, da chi andremo?”, risponde Simon Pietro (cfr Gv 6,60-69).

Un anarchico russo, Michael Bakunin, afferma: “Se Dio è, l’uomo è schiavo” (J. Moltmann, Il Dio vivente e la pienezza di vita, ed Queriniana, 2016, pag 107). Posso sembrare esagerata nel dire che qualche volta questo pensiero sia affiorato nel cuore e non solo nella mente, ma forse no, dato che anche nel vangelo di oggi «molti discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: “Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?”» (Gv 6, 60-61).

Ma il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, quello a cui il popolo d’Israele promette di non abbandonare per servire altri dei, quello che dichiarano di voler servire perché è il loro Dio (cfr Gs 24), “non è un Dio dei faraoni, dei cesari e degli schiavisti. È il Dio che ha guidato il popolo dalla schiavitù alla libertà… Dio è il Signore, perché è liberatore. L’esperienza di Dio che fece Israele è questa esperienza di libertà” (J. Moltmann, Il Dio vivente e la pienezza di vita, ed Queriniana, 2016, pag 109).

“Neanche Dio il Padre di Gesù Cristo è un Dio dei sovrani politici e degli schiavisti… Dio è colui che ha risuscitato Gesù dai morti, questa è la rivelazione cristiana di Dio: Dio è liberatore dal potere del male e della morte. La sua forza crea vita là dove ingiustizia e angheria distruggono la vita. L’ esperienza cristiana di Dio è esperienza di risurrezione” (J. Moltmann, Il Dio vivente e la pienezza di vita, ed Queriniana, 2016, pag 110).

“Cristo ci ha liberati per la libertà”, ci ricorda Paolo nella lettera ai Galati (Gal 5,1) e scrivendo ai Corinti dice “dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17). 

Nel vangelo di oggi, Gesù afferma: “É lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono… per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre” (Gv 6, 60-61). Ma allora ci è donata per davvero la libertà e lo siamo realmente? 

Se pensiamo che “la libertà è l’autonoma capacità del singolo di disporre della propria vita e delle proprie capacità” (J. Moltmann, Il Dio vivente e la pienezza di vita, ed Queriniana, 2016, pag112) oppure che siamo “padroni di noi stessi”, allora la risposta è no. Infatti è una parola molto scomoda che viene usata nella lettera agli Efesini che lo conferma: “siate sottomessi gli uni agli altri” (Ef 5,21). Se, come ci conferma la lettera agli Efesini, questo è detto in riferimento a Cristo e alla Chiesa, allora oso pensare che si possa riscrivere in questo modo: riconosciamoci rivolti (cfr A. Cavarero, inclinazioni, Critica alla rettitudine), inclinati verso un altro e verso altri, perché Dio, di cui siamo immagine e somiglianza, è sempre rivolto verso di noi, disposto a cambiare perché ha a cuore la relazione con noi. Egli è il vivente, il ricco di relazioni, colui che parla e ascolta, che agisce e soffre. Allora sì, siamo liberi, liberi di scegliere chi servire, da che parte stare, che senso dare alla vita. “La libertà non consiste nel poter fare qualcosa, non sta neppure nelle possibilità che abbiamo. Sussiste nel fatto che prendiamo l’iniziativa e cominciamo qualcosa di nuovo con le capacità e le possibilità che abbiamo adisposizione” (J. Moltmann, Il Dio vivente e la pienezza di vita, ed Queriniana, 2016, pag113).

Diciamo come Pietro: “Signore tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto” (Gv 6,69), solo così abbiamo la possibilità di essere vivi per davvero, perché scegliamo di essere legati alla vita vera, quella di Dio che ci viene donata sempre e comunque gratuitamente nello Spirito.

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate