Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,51-58.
In quel tempo, Gesù disse alla folla dei Giudei: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
«Volete andarvene anche voi?».
È la domanda che Gesù rivolge ai Dodici dopo aver pronunciato il discorso sul pane di vita, che è
già profezia della sua Pasqua. In molti lo avevano seguito e ascoltato, ma di fronte a queste parole
così misteriose e ‘dure’ non se la sentono di fare il salto della fede, rivelano di non essere veri
discepoli…e se ne vanno. Rimangono i Dodici che, con questa domanda schietta, diretta ed
essenziale, vengono messi con le spalle al muro: non perché venga chiesta loro la luna nel pozzo,
ma perché il Signore li lascia liberi di scegliere e di decidere della loro fede in Lui ed essi avvertono
tutto il peso della libertà e della responsabilità loro affidate.
Anche la prima lettura di questa Domenica ci presenta il popolo di Israele posto di fronte allo stesso
dilemma e alla stessa libertà di scelta: oltrepassato il Giordano, prima di entrare nella terra
promessa, Giosuè chiede agli Israeliti di scegliere chi vogliono servire, se Dio o gli idoli.
Il popolo, almeno in teoria, riconosce il Signore come suo Dio: la scelta è fatta, è unanime, anche se
presto Israele dovrà fare i conti con la sua infedeltà.
Anche Pietro, a nome dei Dodici, fa la sua bella professione di fede, con cui tira fuori tutti da una
situazione un po’ imbarazzante: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi
abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
Benedetto il nostro Pietro che, a ben vedere, ci assomiglia un po’ con i suoi slanci e le sue paure,
con la sua fede schietta ed entusiasta ma non priva di cadute di stile…e ci infonde coraggio!
Innanzitutto, ci aiuta a capire che il credere e il conoscere sono entrambi necessari, ma il credere
viene prima, perché la fede permette di vedere più lontano e più in profondità della semplice
conoscenza.
Pietro sa di non aver capito tutto e per tutto (l’Eucaristia, il pane vivo disceso dal cielo rimane pur
sempre “Mistero della fede” anche per noi oggi!), ma si fida del Signore e della sua Parola, perché
ha intuito che solo nella sua luce vediamo la luce e ha fatto esperienza che solo questa Parola può
essere per lui –ma anche per ogni uomo e donna– lampada ai suoi passi e luce sul suo cammino.
E adesso veniamo a noi. Sì, perché anche a me e anche a te, nei momenti clou della nostra vita, il
Signore chiede: «Volete andarvene anche voi?». Può capitare nei momenti più difficili, quando
tutto sembra andare storto: il mondo pieno di guerre (tra i popoli, tra le persone, se non addirittura
nelle famiglie), ingiustizie e drammi di ogni tipo, il dolore innocente, problemi relazionali, scandali
nella Chiesa, situazioni storte che non riusciamo a raddrizzare e che vorrebbero toglierci il sorriso e
la pace, quando ci sembra di aver sbagliato tutto…insomma, chi più ne ha, più ne metta. Ecco, in
queste situazioni, che sono come la prova del nove della nostra fede, la vita ci mette con le spalle al
muro e il Signore ci chiede: «Vuoi andartene anche tu?».
Il nocciolo della questione è ancora una volta la fede: credere o non credere?
Il Padre, con la sua grazia e con il dono del suo Spirito, ci conceda di giungere ad una sempre più
autentica fede nel Figlio suo, affinché possiamo fare nostre le parole di Pietro: non perché siamo
bravi, ma perché abbiamo creduto all’Amore.
Concludo con un apoftegma dei padri del deserto particolarmente adatto.
Il Padre Euprepio disse: «Conserva in te la certezza che Dio è fedele e potente, credi in Lui e avrai
parte ai suoi beni: se invece ti perdi di coraggio, significa che non credi. Infatti, poiché tutti
crediamo che è potente, crediamo pure che a Lui tutto è possibile. In Lui dunque confida anche per
quanto riguarda te stesso, perché anche in te egli compie prodigi».
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate