Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 15,21-28.
In quel tempo, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne.
Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio».
Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono implorando: «Esaudiscila, vedi come ci grida dietro».
Ma egli rispose: «Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele».
Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: «Signore, aiutami!».
Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini».
«E’ vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita.
[fonte: vangelodelgiorno.org]
Certo Gesù che tu sei proprio imprevedibile.
Come i discepoli anche noi oggi ti diciamo: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!» (Mt. 15,23), anzi
forse saremmo più propensi a dirti: “Mandala via, perché ci sta dando fastidio”, proprio come quelli che
volevano far tacere Bartimeo, il cieco mendicante che al tuo passaggio gridava: «Figlio di Davide, Gesù, abbi
pietà di me!» (cfr. Mc. 10,46-48).
Oggi che proclami “la mia giustizia sta per rivelarsi” (Is. 56,5), alla richiesta «Pietà di me, Signore, figlio di
Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio» (Mt. 15,22-23) tu rispondi «Non sono stato mandato se
non alle pecore perdute della casa d’Israele» (Mt. 15,23) e «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai
cagnolini» (Mt. 15,26). C’è qualcosa che non torna Gesù. Tu che sei venuto a chiamare tutti a partecipare
della tua vita, poiché tutti quanti siamo figli di Dio e perciò fratelli, e lo siamo non per merito nostro, ma per
dono della misericordia di colui che ci è Padre in te, fai preferenza di persone?
Non mi sarei mai aspetta una risposta così. Tu che sei il misericordioso, colui che è venuto per i malati e non
per i sani, rispondi così davanti al dolore della donna Cananea? .
Aspetta! Stai forse rispondendo a noi?
Sì, credo tu stia rispondendo a quanti erano presenti allora e a noi oggi. Con la tua venuta nella carne non si è
più popolo di Dio per sangue, ma per grazia. Ecco allora che le pecore della casa di Israele sono quanti
credono in te, quanti ti pregano sapendo che solo in te si può trovare misericordia e pace per il cuore. E forse
le pecore perdute siamo noi, che invece di fare come hai fatto tu, pensiamo che sei tu quello che deve fare
come facciamo noi e quindi fare del bene solo a quanti sono dei nostri.
Con questa risposta hai catturato la nostra attenzione. Con questa risposta è come se tu ci avessi colto sul
fatto, ci metti “sul chi va là” rispetto al nostro agire e pensare. Con questa risposta tutti siamo portati a
chiedere: Ma come?
Pensandoci bene però, tante volte tu fai così…a Cana con tua mamma sei stato un po’ brusco: «Donna, che
vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora» (Gv. 2,4). Quando sei stato avvisato che il tuo amico Lazzaro
stava molto male non sei corso da lui, anzi hai detto ai tuoi discepoli: «Questa malattia non porterà alla morte,
ma è per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato» (Gv. 11, 4) e hai
aspettato due giorni. Nel mezzo di una folla che ti fa calca intorno tu chiedi: «Chi ha toccato le mie vesti?»
(Mc. 5,30). È come se tu dicessi: Avete inteso che fu detto…Ma io vi dico…
Signore “tu mi scruti e mi conosci” (sal. 138,1), tu solo conosci la profondità di chi siamo e ci conduci nel
deserto della via affinché ci sia ben chiaro cosa abbiamo nel cuore (Os. 2,16) e con questa risposta tu hai
potuto lodare la fede della donna Cananea.
Infatti tu sapevi la fiducia che l’amore per sua figlia le faceva riporre in te. L’amore grande che questa donna,
ostinata ma allo stesso tempo umile, aveva per sua figlia non le permetteva altro che credere in te, le ha fatto
vincere ogni vergogna, le ha donato una fede libera da pregiudizi, l’ha resa aperta all’incontro con te, il pastore
che va a cercare la pecorella smarrita, che come il padre aspetta il ritorno del figlio minore, ma anche del figlio
maggiore (cfr. Lc.15). Tu che sei l’amore ti eri già riconosciuto in lei e il suo desiderio è diventato luogo in cui
tu ti sei potuto manifestare.
Quella donna Cananea si è rivolta a te come il pubblicano al tempio: “O Dio, abbi pietà di me peccatore”(Lc.
18,13). È la preghiera fondamentale: ha chiesto a te che sei il Dono di farle grazia; è una professione di fede
pari a quella di Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (cfr. Mt. 16,16), a cui tu puoi dire che non è né
carne né sangue ad averlo rivelato, ma il Padre tuo che è nei cieli.
Di questa donna tu oggi ci fai guardare la fede e ce la poni di fronte come modello perché credere è sì non
profanare il sabato, credere è sì obbedire all’alleanza di Dio, ma credere è soprattutto amare.
È nell’amare che noi possiamo aderire a te e appartenere al tuo popolo.
Questa mamma che ama la vita della sua creatura è capace di riconoscersi e accettarsi straniera alle cose di
Dio, e tu non puoi fare altro che mettere la tua potenza a servizio del suo desiderio.
Tu sei così Gesù, accogli nel rapporto con te quanti non vantano titoli, quanti non se ne attribuiscono, per
l’amore con cui si avvicinano e con cui si lasciano avvicinare.
Tu sei Dio di tutti, perché tutti siamo stranieri di fronte a te.
Allora chiedo al Padre di rivestirmi dei tuoi stessi sentimenti per essere tra “gli stranieri che hanno aderito a te
per servirti e per amare il tuo nome, e per essere tuoi servi…ed essere condotta sul tuo monte santo e colmata di gioia nella tua casa di preghiera” (cfr. Is.56,6-7).
Monache Benedettine Monastero SS. Salvatore Grandate