Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 6,30-34.
In quel tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.
Ed egli disse loro: «Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un pò». Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.
Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.
Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.
Dal libro del Profeta Geremia 23, 1-6
Dalla lettera agli Efesini 2, 13-18
Dal Vangelo secondo Marco 6, 30-34
“Gesù si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore” (Mc 6, 34), infatti Gesù è il
“pastore” buono, misericordioso e sollecito delle sorti della gente.
Gesù è la nostra pace, egli ha radunato in unità i lontani e vicini, facendo dei popoli antagonisti un
popolo solo, un solo uomo nuovo (cfr. Ef. 2, 13-18). Sì, Gesù, come Jahvè, nell’Antico Testamento,
conduce i credenti in Lui su pascoli erbosi e verso acque tranquille (cfr. Salmo).
La prima lettura contiene un rimprovero e una promessa: una forte requisitoria contro gli ultimi re di
Giuda per la loro politica dissennata causa della catastrofe finale del popolo eletto (Ger. 21, 11-
22,10), e un’invettiva contro i falsi profeti, infedeli al Signore che hanno portato il popolo all’idolatria
(Ger. 23, 9-40). “Guai ai pastori che fanno perire e disperdere il gregge del mio pascolo” (Ger. 23, 1).
Il popolo non è proprietà dei capi ma del Signore, ecco perché alla denuncia segue la minaccia del
castigo: l’esilio, mitigata però dalla promessa di una restaurazione futura. L’esilio non è l’ultima
parola, infatti il Signore dice: “Radunerò io stesso il resto delle mie pecore da tutte le regioni da dove
le ho lasciate scacciare e le farò ritornare ai loro pascoli, saranno feconde e si moltiplicheranno”
(Ger. 23, 3). È la promessa del rimpatrio dei sopravvissuti dall’esilio in Babilonia.
Dio promette di mandare anche pastori esemplari, i quali non causeranno più paura e sgomento, ma
si preoccuperanno del bene spirituale e materiale del popolo di Dio. “Ecco verranno giorni, dice il
Signore, nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed
eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra” (Ger. 23, 5), il Signore susciterà un “rampollo legittimo”
che sarà il pastore vero e definitivo, salvatore di tutto Israele: Gesù Cristo, figlio di Dio, lontano
discendente di Davide e “buon pastore” di tutta l’umanità (Gv. 10, 1.28; 21, 15-17).
Oggi, Gesù, il vero e solo buona pastore, mostra tutta la sua tenerezza verso gli apostoli e per la folla
dispersa. Da una parte l’amore sollecito verso gli apostoli, tornati dalla missione raccontando ciò che
avevano fatto e insegnato. “Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po’”.
Dall’altra la compassione di pastore buono verso la folla errante “come pecore senza pastore”,
perché non sa più stupirsi, non ha più la piena adesione di fede in lui.
Sono tratti commoventi sull’umanità tenera e premurosa di Gesù verso i discepoli e la moltitudine.
Gesù stesso ha scelto i dodici, ha dato loro il nome di apostoli (Lc. 6,13), che significa mandato,
inviato, e li ha inviati a predicare “a due a due” per i villaggi della Galilea (Mc. 6,7ss) conferendo loro
il suo potere divino e la sua potenza liberatrice su Satana e sulle malattie.
Sull’esempio di Gesù e degli apostoli, già la prima comunità cristiana ha compreso che l’attività
missionaria è faticosa, perciò essa ha bisogno di riposo per rinfrancare il corpo e lo spirito.
Riposo e raccoglimento sono momenti necessari per passare dall’attivismo alla meditazione e alla
preghiera.
Azione e contemplazione, diventano il grande binario della spiritualità della Chiesa in tutti i tempi e
sono esigenza inderogabile per ogni cristiano. Un gesuita moderno ha fatto questa affermazione:
“chi vuole più azione ha bisogno di migliore contemplazione; chi vuole formare di più deve ascoltare
e pregare più profondamente” (von Balthasar)
Ma il riposo di Gesù e degli apostoli, secondo l’odierno racconto, è di breve durata. Le genti della
Galilea, accorgendosi che Gesù era partito via mare e si era ritirato in un luogo appartato, verso
Betsaida (Lc. 9,10) “da tutte le città incominciano ad a correre là e li precedettero” (Mc 6,33).
Vedendo questo accorrere Gesù si commosse, così si mise a insegnare loro molte cose. (Mc. 6, 34).
I capi del popolo d’Israele avevano disperso e impoverito la gente, Gesù invece la raccoglie intorno a
sé, se ne prende cura nonostante la stanchezza sua e degli apostoli e la nutre con la sua parola di
verità. E dopo aver nutrito il popolo con la Parola, Gesù provvede anche alle necessità materiali della
folla: compirà per essa il grande miracolo della moltiplicazione dei pani.
Gesù è la nostra pace, ha fatto dei due un popolo solo.
Come Cristo, anche la Chiesa deve annunciare la pace a tutti i popoli, e così ogni Cristiano deve
lavorare per abbattere i muri di divisione, antagonismo, odio, pregiudizi.
La parola chiave è servizio. Gesù infatti, come egli stesso afferma di sé, “non è venuto per essere
servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc. 10,45).
Monache Benedettine San Salvatore Grandate