Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 6,1-6.
In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i discepoli lo seguirono.
Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?
Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.
E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
Oggi la Parola ci porta a riflettere sulla figura del profeta, quale portavoce di Dio che però non viene
accolto dagli uomini.
Ezechiele, sacerdote e figlio di un sacerdote del tempio, uno fra i primi esiliati in seguito all’assedio di
Gerusalemme, è il profeta che ci viene presentato nella prima lettura.
In quel tempo la vita dei deportati in Babilonia, sradicati dalla patria, senza tempio e senza culto, col
re incarcerato e umiliato, era molto triste. Dio perciò si presenta d’improvviso nel cielo di Babilonia
scegliendosi un profeta che possa far risuonare la Sua Parola fra gli esiliati che accorrono “in folla”
per ascoltare (Ez. 33,31-32). Ma gli ebrei deportati ascoltano le parole che Dio pronuncia attraverso
Ezechiele, ma non le mettono in pratica.
Fin dall’inizio della sua missione Ezechiele ha sentito la sproporzione tra la sua fragilità di “figlio di
uomo” e la grandezza del Santo che lo aveva chiamato a fargli da portavoce. Lo stesso Spirito di Dio,
che lo ha consacrato profeta e lo sostiene nella prova, gli fa comprendere a quale duro compito è
chiamato: egli, profeta di Dio, è mandato a un “popolo di ribelli”, in rivolta contro Dio, peccatori incalliti,
“figli testardi e dal cuore indurito” (cfr. Ez. 2, 3-4).
Tutta la missione di Ezechiele è esposta all’insuccesso, al rifiuto, a causa dell’incredulità di Israele,
“genia di ribelli”. Ma costoro “ascoltino o non ascoltino”, dice il Signore Dio, sapranno almeno che c’è
un profeta in mezzo a loro (Ez. 2,5). Questa presenza è segno che Dio non li ha abbandonati, perché
il Signore è fedele alle sue promesse, ma affinché si possano compiere gli uomini devono ascoltare la
Parola di Dio e convertirsi.
Il fallimento della missione profetica di Ezechiele ha anticipato l’insuccesso di Gesù a Nazareth,
rifiutato da parte di tutto il popolo giudaico che lo rigetterà facendolo condannare alla morte di croce.
Nel Vangelo questa è la prima volta che Gesù va a Nazareth, accompagnato dai discepoli e
preceduto dalla paura e notorietà che aveva suscitato tra la popolazione della Galilea con i suoi
miracoli.
Gesù voleva suscitare la fede nei suoi ascoltatori e per questo ogni sabato insegnava nella sinagoga
e nei villaggi della Galilea e molti dei presenti rimanevano stupiti per le sue parole.
Lo stupore, che di solito è preambolo della vera fede, oggi si tramuta in incredulità, nel dubbio
sull’identità di Cristo.
«Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come
quelli compiuti dalle sue mani? 3Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di
Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?» (Mc. 6,2-3).
Le qualità straordinarie di Gesù urtano contro l’umiltà e la povertà della sua origine nota a tutti, ecco
che i cittadini di Nazareth si rifiutano di credere che Gesù è il Messia.
Gesù, meravigliandosi della loro incredulità (cfr. 6,6), resta sorpreso e disorientato e pronunzia
l’amara sentenza: un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti, in casa sua.
(cfr. Mc. 6,4).
Gesù oggi ammonisce anche noi, assetati di miracoli sensazionali, continuando il suo progetto di
sapienza che manifesta la sua potenza pienamente nella debolezza (2 Cor. 12, 9).
Fa’ o Signore che, porgendo docili l’orecchio del nostro cuore alle parole che ci annunci attraverso i
profeti del nostro tempo, possiamo oggi ascoltare la tua voce, affinché tu possa manifestarti anche
nella nostra povertà e debolezze di creature.
Monache Benedettine San Salvatore Grandate