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XIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

30 Giugno 2018 by Manuela Brancatisano

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 5,21-43. 
In quel tempo, essendo passato di nuovo Gesù all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.
Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi
e lo pregava con insistenza: «La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva».
Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia
e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,
udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:
«Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita».
E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi mi ha toccato il mantello?».
I discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?».
Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.
E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.
Gesù rispose: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Và in pace e sii guarita dal tuo male».
Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?».
Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, continua solo ad aver fede!».
E non permise a nessuno di seguirlo fuorchè a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.
Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme».
Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.
Presa la mano della bambina, le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico, alzati!».
Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.
Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.

 

Le Letture di questa 13ªdomenica del tempo ordinario ci parlano dell’amore che Dio ha per tutti i
viventi, che ha creato proprio perché siano felici e immortali. Questa consapevolezza era già ben
radicata nell’AT come possiamo dedurre dal brano tratto dal libro della Sapienza proclamato nella
1ª Lettura e che ripete con forza come la morte a cui è soggetta tutta la creazione, non è stata voluta
da Dio, ma introdotta dall’invidia del maligno. Ecco un primo insegnamento su cui riflettere quando
i nostri perché sulla sofferenza, sulla malattia e sulla morte rimangono solo un grido senza risposta,
ricordiamoci che tutto questo non si può attribuire a Dio, ma al male che ha sconvolto il progetto
del Creatore di un mondo buono, immortale.
Il vangelo di Marco illustrandoci ben due miracoli di Gesù, ci mostra questa amorosa sollecitudine
di Dio per alleviare le sofferenze delle sue creature. E’ Giàiro il capo della sinagoga a chiedere
l’intervento di Gesù per la figlioletta dodicenne gravemente malata e mentre il Signore sta recandosi
da lui, una donna, toccandone il mantello, guarisce dalla malattia che la tormentava da dodici anni.
Marco avrebbe potuto limitarsi a queste scarne notizie come se stesse riferendo dei fatti di cronaca,
invece li arricchisce di particolari perché vuol fissare la nostra attenzione su ciò che è veramente
importante. La donna con le perdite di sangue era, per la mentalità del tempo, impura e ciò che
toccava diventava a sua volta impuro, ecco perché fa tutto di nascosto, ma Gesù smascherandola
non le muove nessun rimprovero, per Dio non ci sono queste categorie, ma tutti sono sue creature
da accogliere ed amare; concetto che ribadirà toccando la fanciulla morta senza curarsi della sua
impurità. Per Gesù la “donna” diventa “figlia”, è così, infatti, chela chiama nel congedarla
assicurandole, prima ancora della guarigione, la salvezza per la fede che ha avuto. Per Dio siamo
quindi figli e per donarci la salvezza, cosa più grande della guarigione, ha bisogno della nostra fede,
perché senza non può operare nulla. Fede che chiede anche a Giàiro quando gli comunicano della
morte della figlia, fede non solo nel Dio che può guarire, ma che risuscita dai morti, per Lui, infatti,
la morte è come un sonno; ed è per la fede dei genitori che la bambina si risveglia e torna alla vita.
Gesù con questi gesti è venuto a rendere manifesto ciò che il libro della Sapienza aveva intuito, è
venuto per arricchirci della sua vita divina, immortale, della salvezza e lo ha fatto spogliandosi della
sua divinità per assumere la natura umana, da ricco si è fatto povero, come giustamente afferma S
Paolo nella 2ª lettera ai Corinzi (2ª Lettura). Si è rivestito della nostra povera natura umana e così
l’ha liberata dal potere del maligno che le aveva tolto il dono dell’immortalità che ora ci è stato
restituito con la partecipazione mediante il battesimo, alla morte e risurrezione di Cristo, ora anche
noi possiamo vivere per sempre da risorti nel regno di Dio Padre.

Monache Benedettine Monastero SS. Salvatore Grandate

Posted in: Vangelo Tag: monache benedettine grandate, vangelo

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