Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 1,40-45.
In quel tempo, venne a Gesù un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!».
Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!».
Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.
E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:
«Guarda di non dir niente a nessuno, ma và, presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro».
Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.
Prima lettura: Levitico 13,1-2.45- 46
Seconda lettura: 1 Lettera ai Corinti 10,31-11,1
Vangelo: secondo Marco 1,40-45
Il brano evangelico di questa domenica appartiene a una serie di miracoli che
inaugurano il ministero di Gesù.
Quando, dopo il battesimo nel Giordano e il ritiro nel deserto, Gesù comincia a
girare per la Galilea (nel Vangelo di Marco siamo ancora al primo capitolo)
vengono presentati diversi miracoli:
– la guarigione dell’indemoniato nella sinagoga di Cafarnao,
– la guarigione della suocera di Pietro,
– altre guarigioni,
– il risanamento del lebbroso del brano di oggi,
– e infine la guarigione del paralitico calato giù dal tetto.
Questi miracoli sono come pennellate che danno il volto, la carta d’identità di
Gesù: se scaccia i demoni è uno che ha autorità, perché persino gli spiriti cattivi
gli obbediscono; se guarisce la suocera di Pietro e tutti gli altri, è un taumaturgo
e la potenza di Dio opera in lui.
Questa guarigione di un lebbroso che cosa vorrà dire? Forse che Gesù è un
profeta, perché anche il profeta Eliseo aveva guarito un lebbroso (Naaman il
Siro). L’inquadratura che gli altri testi della Scrittura di oggi danno a questo
miracolo, suggerisce però un’altra interpretazione. Tende a dire che Gesù non
solo ha il potere di guarire i corpi (come il profeta), ma anche l’anima, perché è
più che un profeta.
Gesù ha il potere di rimettere il peccato. Infatti, nel miracolo che leggeremo nella
VII Domenica per anno e che narra del paralitico calato in casa dal tetto
scoperchiato, Gesù ha una disputa con i Farisei e gli Scribi sul potere di rimettere
i peccati e il miracolo di oggi fa da introduzione a quel tema.
Anche il Salmo responsoriale e il versetto dell’Alleluia parlano di peccato e di
malati che hanno bisogno del medico, intendendo i peccatori. Consideriamo
perciò la guarigione di questo lebbroso come segno della liberazione dal
peccato.
La prima lettura presenta lo statuto del lebbroso in Israele. Per la sua
condizione, il lebbroso era un escluso dalla comunità e questo suggerisce di
guardare alla lebbra del peccato, al peccato come a realtà capace di separarci
dalla comunità del Signore. Gesù che guarisce il lebbroso non si accontenta,
infatti, di fare il miracolo, cioè di liberare l’uomo dal suo male e basta, ma si
preoccupa di mandarlo dai sacerdoti per far riconoscere la guarigione avvenuta e
per riammetterlo nella convivenza degli uomini con il rito di purificazione. Questo
rito di riconoscimento e di riammissione prevedeva l’offerta di un sacrificio di
espiazione proprio come se la lebbra fosse un peccato. Bisogna dire però che
nell’antico Testamento la distinzione tra purità rituale e peccato morale non era
molto chiara, o perlomeno così risulta da come ne parlano i rituali del libro del
Levitico e dei Numeri. Per essere impuri bastava toccare un morto o un animale
morto o un oggetto toccato da una donna affetta da emorragia. Si era subito in
stato di impurità ed era necessaria la purificazione con il relativo rito. E’
importante cogliere il principio che ci sta sotto, perché è ancora quello che vale
per noi oggi per quanto riguarda il peccato.
Siccome Dio, il tre volte Santo, abitava in mezzo al suo popolo (prima nella tenda
del convengo e poi nel tempio) tutto l’accampamento, tutta la comunità era la sua
dimora e tutti partecipavano della santità di Dio. L’impurità di un membro
contaminava tutta la comunità. Il libro dei Numeri dice: "Chiunque avrà toccato
un cadavere e non si sarà purificato avrà profanato la dimora del Signore e sarà
sterminato da Israele" (Nm)
Però, per tornare al nostro brano evangelico il testo che mostra più chiaramente
il legame simbolico tra la lebbra e il peccato, non è quello che oggi troviamo
come prima lettura, ma un altro che si trova pure nel libro dei Numeri. E’
l’episodio di Maria, sorella di Mosè e di Aronne che diventa lebbrosa. Forse
l’avrete presente: Maria e Aronne avevano mormorato contro Mosè e Dio li
convocò presso la tenda del convegno e disse loro: "Perché non avete temuto di
parlare contro il mio servo Mosè?". La nube, segno della presenza di Dio si ritirò
dalla tenda e Maria si trovò coperta di lebbra. Dovette restare per sette giorni
isolata, fuori dall’accampamento. E il testo precisa: "Il popolo non riprese il
cammino finché Maria non fu riammessa nell’accampamento". Questo ci mostra
chiaramente come la realtà del peccato non riguarda solo il singolo e la sua
coscienza, ma nella misura in cui uno è inserito in un corpo comunitario, rallenta,
appesantisce il cammino, intacca e contagia.
Un secondo aspetto da sottolineare nel Vangelo di questa domenica è la scena
dell’incontro tra Gesù e il lebbroso. Sembra di vedere un’icona. Da una parte c’è
il lebbroso in ginocchio che supplica,. Questa posizione dice l’umiltà e la libertà di
uno che si mette davanti a Dio nella verità. E’ una persona che ha perso tutto:
casa, lavoro, vicinanza dei parenti, posizione sociale, persino la propria dignità
davanti agli uomini. Non ha più niente da perdere, perciò può buttarsi in
ginocchio. Ma il bello dell’icona di Gesù con il lebbroso è che, nella situazione
estrema in cui quell’uomo si trovava, avrebbe potuto cercare di forzare la mano a
Gesù, dicendogli: "Signore, guariscimi!" come un imperativo. Invece gli dice: "Se
vuoi, puoi purificarmi!". Come Gesù aveva detto al giovane ricco: "Se vuoi essere
perfetto, va… vendi, poi vieni e seguimi".
E’ come se il lebbroso riconoscesse pienamente la libertà di Gesù: io so che tu
sei ricco di potenza divina, so che per questa tua potenza puoi guarirmi, ma non
sei obbligato a farlo, solo "se vuoi". E’ bella questa fede del lebbroso che lascia a
Dio la libertà di essere Dio. Alla libertà della verità, del poter stare davanti a Dio
come si è, fa eco questa libertà della fede, che crede alla potenza di Dio senza
obbligarla a manifestarsi.
" Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò"
Gesù tocca il lebbroso. Bisognerebbe rileggere ora, tutti di seguito, quei capitoli
del Levitico dove si parla del Codice di purità (bastava toccare, bastava
inciampare in qualcosa di impuro per divenire impuri) ma Gesù, nonostante tutte
queste regole, che conosceva molto bene, lo tocca, dicendo: «Lo voglio, sii
purificato!». E’ un atto di assunzione del nostro male, del nostro stato di
peccatori. E’ un atto consapevole! Gesù con quel gesto e con quelle parole è
come se avesse preso consapevolmente su di sé tutta la comunità umana, tutta
l’umanità con il carico di peccato e di male che in ogni tempo porta con sé.
Grazie, Signore, perché… lo hai voluto! Perché, toccando quel lebbroso hai
voluto toccare anche me. Grazie, Signore, perché ci ami fino ad andare oltre la
nostra miseria, per arrivare là dove noi sappiamo bene che tutta la nostra buona
volontà non basta. Solo Tu puoi e vuoi liberarci dalla lebbra del peccato.
Monache Benedettine Monastero SS. Salvatore Grandate