Solennità dell’Ascensione del Signore

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 16,15-20.

In quel tempo Gesù apparve agli Undici e disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.»
Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.
E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,
prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno».
Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.
Sono trascorsi quaranta giorni dalla Risurrezione del Signore ed ora Gesù chiude la sua parentesi
terrena per ritornare al Padre, è il mistero dell’Ascensione che celebriamo in questa domenica. Di
questo fatto ascoltiamo oggi la versione di Luca narrata negli Atti degli Apostoli (1ª Lettura) e
quella del Vangelo di Marco. È Luca che riferisce dei quaranta giorni che Gesù trascorre con gli
apostoli dopo la Risurrezione e come dopo aver promesso loro di mandare lo Spirito Santo da cui
avrebbero ricevuto forza per essere suoi testimoni sino agli estremi confini della terra, è elevato in
alto e una nube lo sottrae ai loro sguardi. Mentre fissano il cielo compaiono anche due uomini in
bianche vesti che li esortano a non indugiare perché Gesù com’è stato assunto in cielo, tornerà un
giorno allo stesso modo. Il racconto prosegue con gli apostoli che ritornano a Gerusalemme e si
ritrovano assieme a pregare attendendo che si compia la promessa del Signore, quella della venuta
dello Spirito. Marco, invece, si dilunga sulle ultime raccomandazioni del Risorto ai suoi che devono
andare in tutto il mondo e proclamare il Vangelo a tutti perché chi crederà e sarà battezzato, sarà
salvo e chi crede potrà operare prodigi e miracoli come ha fatto Lui. Al termine del discorso il
Signore è elevato in cielo e siede alla destra di Dio e gli apostoli partono e predicano dappertutto,
mentre, Marco ci dice un particolare importante, che il Signore agiva con loro e confermava la
Parola accompagnandola con i segni promessi. I due racconti sono sostanzialmente simili e si
integrano dandoci così un quadro completo dei fatti. Marco non parla della promessa dello Spirito,
ma la sottintende, quando afferma che il Signore agiva con gli apostoli, ciò infatti, è possibile solo
grazie allo Spirito che rende presente il Risorto nel tempo, lungo i secoli, ieri con gli apostoli e oggi
con noi. Luca descrive meglio il momento del distacco parlando della presenza degli angeli che
ripetono la promessa fatta dal Signore durante l’ultima cena, quella di andare e di tornare dopo
averci preparato un posto. Gli apostoli lo percepiscono quindi come un distacco ma temporaneo,
infatti i primi cristiani vivevano nell’attesa del ritorno del Signore che credevano imminente, c’è
voluto un po’ per comprendere che i tempi di Dio sono diversi dai nostri e quindi il ritorno di Cristo
non era così vicino. Nel frattempo dice Paolo nel brano della lettera agli Efesini (2ª Lettura),
dobbiamo vivere la nostra vocazione di cristiani in modo degno e coerente praticando il
comandamento dell’amore con l’esercizio dell’umiltà, della mansuetudine e della pazienza che ci
aiutano a conservare mediante la pace, quel legame d’unità che ha creato lo Spirito. Noi abbiamo un
Signore solo, Gesù Cristo, è questa la nostra sola fede che deriva dall’unico battesimo in cui lo
Spirito ci ha resi figli dell’unico Dio Padre, perciò formiamo un solo corpo, un solo spirito, abbiamo
quindi la vocazione all’unità che non è uniformità. Gesù, infatti, salendo in cielo ha lasciato i suoi
doni agli uomini, doni diversi che li rendono diversi anche nei compiti e nelle funzioni per
arricchire la Chiesa portandola all’unità della fede dove tutti possono conoscere Cristo e diventare
sua immagine, ossia raggiungere la piena maturità umana nella perfezione della carità di cui Dio è il
modello. È il mandato che Gesù ha lasciato ai suoi apostoli nel cenacolo, è ciò che chiede al
momento di ritornare al Padre inviandoli ad annunciare il Vangelo in tutto il mondo, la Buona
Notizia che Dio ci ama e ci chiede di amarci tra noi. È la Buona Notizia che è circolata nel mondo
da millenni e che oggi siamo chiamati noi, suoi discepoli, a continuare a diffondere, con la parola e
la vita, semplicemente come ci ha insegnato Gesù.
Preghiamo, nella Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali, per chi deve trasmettere le notizie,
purtroppo non sempre buone, ma che siano vere e orientate a diffondere il bene della pace, della
giustizia e della carità.
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate