Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 6,51-58.
Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno.
Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.
Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me.
Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
“Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che
io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv.6,51)
Questo è il grande dono che Signore ci hai fatto e che oggi, solennità del tuo Corpo e del tuo
Sangue, viene portato alla nostra attenzione.
In ogni celebrazione eucaristica noi non ricordiamo soltanto, ma rendiamo attuale quell’evento
passato, avvenuto una volta per sempre la notte in cui tu Gesù venivi tradito (cfr. 1 Cor 11,23).
“Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti infatti partecipiamo
all’unico pane” (1 Cor 10,17). Così l’apostolo Paolo ci ricorda che quella tua offerta diventa attuale
nel riconoscenndoti nella comunità, nei fratelli riuniti insieme a rendere grazie nella stessa fede e
carità, rappresentati dal pane e dal vino.
L’Eucaristia non è un rito magico, ma è la causa-ragione-espressione di unità nelle nostre relazioni
umane: noi formiamo la chiesa, il tuo corpo, non come un corpo precostituito, ma che si fa mediante
la partecipazione di tutte le membra. È il legame con te Gesù che ci unisce tra noi.
Celebrare l’Eucaristia è anticipare il nostro incontro con te, non il nostro come singoli, ma il nostro
come comunità. Se, come ci dice Paolo, l’Eucaristia e la chiesa sono il tuo corpo reale, allora le
caratteristiche dell’Eucaristia sono anche quelle della chiesa, quindi anche di ciascuno di noi.
Noi siamo il tuo popolo, non più nutriti con la manna, ma della tua stessa carne e del tuo stesso
sangue perché hai scelto di amarci fino ad essere divorato dal tuo amore per noi (cfr. p. Silvano
Fausti, Una comunità legge il vangelo di Giovanni).
Siamo tutti chiamati in causa, ecco perché ci viene detto “ricordati” (cfr. Deut. 8,2).
Ricordare è dare nuovamente cuore alla nostra storia, a riconoscerla come storia abitata da te e
perciò non solo tempo che è passato e basta. Il cuore è il luogo delle scelte, è dove scopriamo cosa
ci guida e ci sprona nella vita. È accettando di guardare nel nostro cuore che possiamo scoprire se
abbiamo scelto di fare alleanza con te ed è solo in questa alleanza che possiamo avere la vita vera,
quella che rifiutiamo ogni volta in cui diffidiamo di lui e cerchiamo di fare da noi.
Tu vuoi essere il nostro Dio, sei tu che ci ha creati a sua immagine e somiglianza, come
compimento della creazione, per collaborare con te nel governare e orientare il mondo verso la
meraviglia, verso il bene, verso la vita per tutti.
Scegliendo di farti mangiare da noi, dono vitale che hai fatto di te, ci hai dato la possibilità di
diventare te. Se infatti ciò che noi mangiamo diventa noi, con te Signore avviene il contrario, siamo
noi che diventiamo te che mangiamo, perché tu ci ami.
Come dicevano i primi martiri, noi siamo cristiani. Non è un aggettivo che ci qualifica, è un dato di
fatto, è l’essenza di ciò che siamo. Non vedremo i segni attesi, non ne capiremo la porta
rivoluzionaria nella nostra vita, ma, poiché l’iniziativa è tua, il cambiamento in noi è reale.
Dobbiamo fidarci! Non dobbiamo aver paura di accettare di camminare nel deserto della nostra
quotidianità, di venir messi alla prova, di scoprirci non coerenti, di riconoscerci piccoli e forse
meschini. Ogni Eucaristia è tempo favorevole per leggere il nostro cuore e per aderire all’alleanza
che te che ci vuoi offrire per la vita, perché ci porta a uscire da noi stessi per vivere di te e per te.
E un giorno, quando meno ce lo aspetteremo, qualcuno si accorgerà che qualcosa in noi è diverso,
perché anche se sembriamo come tutti gli altri, la nostra fragilità non sarà occasione di pianto o
dolore, ma opportunità di vita per il mondo. Non per nulla ci hai detto: “da questo tutti sapranno
che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate