Santo Stefano

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 10,17-22. 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;
e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire:
non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.
E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato».

 

Stefano faceva grandi prodigi e segni in mezzo al popolo.

“Le parole prodigio e segno sono molto diverse nel significato. Il prodigio vuol dire qualcosa di mirabolante che nessuno sa fare, mentre il miracolo è chiamato in greco semeion, cioè segno, è declassato. Cosa vuol dire? In tutti gli atti degli apostoli il vero prodigio, come anche nella nostra vita, non è il miracolo, non è il risuscitare i morti, perché poi i morti muoiono ancora: il vero prodigio è che passiamo dalla morte alla vita perché amiamo i fratelli. Il vero prodigio negli Atti è la comunità fraterna, è come vivono quelle persone il vangelo: quindi è detta semplicemente in una riga la qualità fondamentale di Stefano, il suo modi di essere, la sua pienezza e la potenza dello Spirito.

(…) Stefano non è accusato per ciò che fa ma per ciò che dice. Anche Gesù non è stato accusato perché ha moltiplicato il pane, ha risuscitato i morti; no, è stato accusato per l’insegnamento. Se uno fa camminare un paralitico, bene, meno bene se invece di tacere aggiunge:”Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati>>, questo no, questo lo fa solo Dio, questa è una bestemmia. Così quando di sabato Gesù guarisce  il paralitico, avrebbe potuto tacere invece di porre il problema chiedendo se fosse lecito o no fare il bene in giorno di sabato e dire che << il sabato è fatto per l’uomo>>. Se avesse fatto le cose tacendo, avrebbe avuto un successo enorme.

E invece il suo insuccesso è dovuto al fatto che dà una spiegazione dei miracoli che a noi non garba, perché non è il prodigio che a noi interessa. Ma il vero miracolo è che uno si converta e sappia come vivere il pane! Il miracolo non è lo zoppo che cammina! E’ il camminare interiormente in una vita riconciliata, andando a casa, accogliendo gli altri, stabilendo nuove relazioni, è quello il vero miracolo! Cioè è la vita di Dio sulla terra, e questo è dovuto alla Parola; gli altri sono semplici segni, che servono per chi non lo sa; sono come la segnaletica stradale, utili fin quando uno diventa pratico della città. Il credente è colui che sa vivere ormai la propria vita nella quotidianità, perché ha capito che è lì che si vive il grande prodigio; è nella vita quotidiana che si vive l’amore del Padre e dei fratelli, non in una vita qualunque.

E non potevano opporsi alla sapienza e allo Spirito con cui parlava.

“E’ stano questo fanatismo proprio di chi non sa. Lo stesso Paolo che era della Cilicia, era il più fanatico di tutti, osservante e zelante delle tradizioni, irreprensibile osservante della Legge come nessun ebreo. L’ignoranza rende più intransigenti, forse più integralisti, chi ha una certa cultura, magari è più tollerante. E si alleano e si levano come con Gesù e non possono opporsi. Cosa capita a Stefano? Quello che diceva Gesù nell’ultimo discorso: << Quando sarete accusati non preoccupatevi di cosa dire e come parlerete, sarà lo Spirito a parlare in voi e vi darà una sapienza alla quale nessuno potrà resistere>> (…) La sapienza dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, libertà, è vedere la realtà con gli occhi di Dio, con amore e simpatia. Mentre invece nel disputare non interessa la verità, interessa prevalere sull’altro.

Ora messe le ginocchia a terrà urlò a gran voce: “Signore, non porre su di loro questo peccato”. Detto questo, si addormentò.

Questo modo di morire di Stefano, perché è un modo di morire, sottolinea il fatto che da sempre e per sempre i primi destinatari  dell’annuncio del  martire sono gli uccisori e i primi che in un modo o nell’altro possono trarre beneficio dal sangue dei martiri sono quelli che li uccidono.

Riporto alcune righe di una lettera aperta, pubblicata sul Corriere della sera, scritta da un ex terrorista alla vedova dell’uomo che aveva ucciso. “Suo marito nei giorni del sequestro prima dell’esecuzione è stato come lei lo descriveva: pacato, pieno di fede, incapace di odiarci e con una dignità altissima. Sappia che dentro di me è la parola che portava suo marito che ha vinto. L’ha vinta contro di me e solo ora riesco a comprendere qualcosa, l’ha vinta contro tutti coloro che ancora oggi non capiscono. Anche in quei momenti suo marito ha dato amore, è stato un seme così potente che neanche io che lottavo contro di lui sono riuscito a estinguere dentro di me”

Vedete come il male è vinto non dalla punizione, non dall’esecuzione, ma da un amore più forte del male.
Monache Benedettine Monastero SS. Salvatore Grandate