Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 1,1-18.
Egli era in principio presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta.
Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.
Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.
Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,
i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli rende testimonianza e grida: «Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me».
Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia.
Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato.
Don Felice Rainoldi, parlando dell’anno liturgico e delle sue feste diceva: “Di festa si
muore”, cioè il mistero di Dio che irrompe nella storia è talmente grande che l’essere
umano non riesce a coglierlo e ad assimilarlo in una volta sola. Si sminuzza perciò nel
ciclo liturgico, nella lunghezza dei giorni di un tempo liturgico o nei vari testi che
compongono la festa. Così avviene che per la solennità del Natale abbiamo tre messe, con
letture differenti: una la notte e due il giorno.
Anche le antifone di ingresso delle tre Messe ci aiutano in questa triplice contemplazione
del mistero.
Nella Messa della notte, dicevano i medievali, si celebra la nascita eterna del Figlio da
Dio Padre. L'antifona gregoriana canta: "Dominus dixit ad me", cioè: Il Signore mi ha
detto: "Tu sei mio Figlio, io oggi ti ho generato". E' la generazione che da sempre avviene
nella Trinità santa.
La messa dell'Aurora, invece, celebra la nascita di Gesù nel tempo, nella nostra storia,
quando ha illuminato il nostro orizzonte umano, nascendo Dio, ma in forma umana: "Lux
fulgebit", canta l'antifona latina: "Oggi su di noi splenderà la luce, perché è nato per noi il
Signore".
La terza messa, quella del giorno che prendiamo in considerazione quest'anno, ci parla
invece della nascita del Figlio di Dio in ciascuno di noi: "E' nato per noi un bambino
un figlio ci è stato Donato, Puer natus est nobis.
Origene dice “A che mi serve la sua nascita nella greppia, se non sarà nato nella greppia
del mio cuore?”
Il mirabile prologo del vangelo di S. Giovanni che ci è presentato come brano evangelico,
ci fa contemplare il Figlio di Dio come principio nel quale tutta la creazione e l'uomo
sono stati fatti e sussistono.
Dio Padre genera da tutta l’eternità il Figlio, la sua immagine perfetta. Non l’ha generato
un tempo: questo avviene in un eterno presente. Il Figlio ama il Padre, con il suo amore è
sempre rivolto a lui, come per rientrare, ritornare e rimanere in quell’amore che lo ha
generato. Il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio. Ma contemporaneamente per continuare a riceversi e a
dare vita a tutto ciò che per mezzo di lui il Padre ha creato: tutto è stato fatto per mezzo di
lui. Il Figlio ama il Padre e attraverso questo sguardo d’amore che si scambiano, spirano
insieme lo Spirito come da una sola sorgente. “Dio è nascita” e senza di lui nulla è stato
fatto di ciò che esiste. Dio è nascita, perché è Trinità. Questa vita divina, che sarà la
nostra felicità eterna, è già ora la nostra possibilità di gioia, perché siamo stati fatti per
Dio, a sua immagine. Questa vita di Dio si trasmette a noi tramite lo Spirito che continua
il mistero dell’incarnazione attraverso i secoli.
Ma, che cosa significa che Dio nasce in noi?
Nessuno di noi ricorda il giorno della propria nascita. E’ una realtà che ci precede e ci
supera. In principio c’è la gratuità dell’essere stati chiamati alla vita: “tutto è stato fatto
per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste”.
Ciascuno però è chiamato ogni giorno, ogni mattina, ad ogni incontro ad accogliere la
vita e ad affrontarla, cioè a mettervisi di fronte. Che Dio nasca in noi ha un duplice
aspetto. Una dimensione di totale gratuità: è Lui che liberamente decide di farci vivere
della sua vita, di renderci, come Lui, capaci di amare; e uno di responsabilità, di libertà di
fronte all’alterità di Dio, del suo progetto rispetto al nostro.
Così avviene anche nei confronti di un figlio: è un dono, non si può comprare né
barattare, è un dono che ti fa vivere, ma che poi ha una libertà che ti trascende.
Ricevere il Verbo è lasciarlo vivere in noi, al punto che prenda totale possesso del nostro
essere. Il Battesimo ha iniziato in noi questa nascita, ma il nostro essere figli, poiché è
situato nel tempo e legato anche alla nostra libertà, è ancora in divenire.
Se noi non restituiamo Dio a Dio, interrompiamo il suo movimento, la sua vita
nell’anima. Se Egli non può donare, lo si uccide in noi, cioè non può mostrarsi vivente
per noi. Infatti noi siamo dati a noi stessi nel dono del Figlio. Questo è il dono perfetto, il
regalo per eccellenza.
Che tutti possiamo accogliere e ridonare tale regalo in questo Natale.
Questo è il nostro augurio!
Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate