IV Domenica di Pasqua

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 10,11-18.

In quel tempo, disse Gesù: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.
Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;
egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,
come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.
E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.
Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio».

Eccoci alla 4ª domenica di Pasqua detta del Buon Pastore e dedicata anche alla preghiera per le
vocazioni perché ci siano sempre buoni pastori a guidare il popolo di Dio.
Nel Vangelo di Giovanni sentiamo Gesù che per ben due volte dichiara di essere il buon pastore e
spiega anche il perché. Egli è il pastore buono o bello, quello ideale o generoso che è disposto a
morire per salvare le pecore dagli attacchi dei lupi. Egli poi conosce le pecore e le pecore
conoscono Lui, ma con quella profondità di intima conoscenza che intercorre tra Gesù e il Padre
suo. Egli non si limita a curare le pecore d’Israele, ha, infatti, altre pecore da raccogliere nell’unico
ovile che sarà la sua Chiesa e anch’esse ascolteranno la sua voce. Gesù si comporta così perché lo
vuole il Padre e per questo è amato dal Padre, ed essendo Figlio di Dio è padrone della sua vita,
quindi nessuno gliela può togliere, ma è Lui, il Signore, che può liberamente offrirla e la offre per
amore delle sue pecore e per questo ha anche il potere di riprenderla di nuovo, risorgerà, infatti.
Ancora una volta siamo chiamati ad immergerci nell’amore che Dio ha per noi, per ciascuno di noi,
perché ci conosce ad uno ad uno, in modo personale, com’è personale il rapporto tra il Figlio e il
Padre. Amore che l’apostolo Giovanni ribadisce nella sua prima lettera (2ª Lettura), un amore così
grande che ci fa figli di Dio, questa è la nostra realtà già fin d’ora, ma che ci sarà pienamente
svelata quando conosceremo il Signore faccia a faccia e allora scopriremo di essere simili a Lui che
ci ha creato a sua immagine e somiglianza. Il Signore che ha vinto il peccato e la morte ha sconfitto
anche il peccato che offuscava la nostra immagine di figli di Dio perchè eravamo come il paralitico
guarito da Pietro (1ª Lettura) deturpato nelle sembianze d’uomo, ma ora sano e salvo grazie al nome
di Gesù, ossia alla sua presenza e potenza. Pietro non teme di affermarlo con chiarezza, è solo Gesù
Cristo, crocifisso e risorto, che dà salvezza proprio perché prima ha donato la sua vita, l’ha ripresa e
ora può offrirla alle sue pecore se ascoltano la sua voce e lo seguono, vita divina, vita dei figli di
Dio infinitamente amati. Ecco il gran dono che ci fa il Signore, dobbiamo però desiderare di far
parte del suo gregge per essere sotto le cure di un Pastore così buono e così potente da sconfiggere
qualsiasi lupo che si avvicina per farci del male, strappandoci dal rapporto con Lui.
La tenera immagine del Buon Pastore che tanti artisti hanno raffigurato con una pecora sulle spalle,
ci accompagni questa settimana e sentiamoci come quella pecora che il Signore ama, cura e
protegge, disposto a morire per difenderla. E pensiamo che anche noi siamo chiamati ad essere sua
immagine, buoni pastori per il nostro prossimo. E col salmo 22,23 ripetiamo col cuore “il Signore è
il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino ( ) Anche se vado per una valle oscura, non
temo alcun male”.

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate