IV Domenica del Tempo Ordinario

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 5,1-12
In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli.
Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».
[Fonte: vangelodelgiorno.org]

L’intreccio offerto dalle letture ci fa entrare nel mistero delle beatitudini attraverso l’esortazione dell’apostolo Paolo “considerate la vostra chiamata fratelli”. Qual è la nostra chiamata? Prima di tutto a diventare ciò che siamo ad immagine del Figlio e fratello Gesù. Le sue parole chi chiamano a vivere la nostra identità sempre smentita e turbata dagli effetti del peccato. Le parole di Gesù sono la medicina ai nostri mali, la verità che guarisce il cuore dalla menzogna che sta alla loro origine.

Il profeta Sofonia invita il popolo di Israele alla stessa conversione chiesta a noi: cercate il Signore, cercate le sue parole.

Ciò che impressiona leggendo le beatitudini è che vengono elencate situazioni di scarto, di sofferenza, di sottomissione a misura di felicità: povertà, mitezza, pianto, afflizione, persecuzione… e si arriva a dire: ma così è impossibile essere felici!

E’ il capovolgimento dei valori della vita vissuta da Gesù che solo lo Spirito Santo ci può far comprendere, a noi sta di accettare, cosa che non avviene mai se non a prezzo della croce.

 

La prima e l’ultima beatitudine sono al presente, le altre al futuro. Il Regno di Dio è già dei poveri e dei perseguitati. Ma rimane la tensione verso un futuro diverso. Il dono non abolisce il cammino della storia: la cambia dandole una meta, che il futuro rende evidente. La pianta viene dal seme che è stato deposto. Nessuno si illuda: ognuno raccoglierà ciò che ha seminato; e chi semina nel pianto, mieterà con giubilo. Contro ogni tentazione trionfalistica e millenaristica, il Regno è, al presente, sempre del povero e del perseguitato.

Gli afflitti saranno consolati: consolazione indica la gioia del mondo nuovo, in cui non ci sarà più il male. Esso c’è ancora, ma non è più la parola definitiva: si può e si deve sperare e agire contro di esso. Il futuro non è la santificazione del presente.

Beati i miti, erediteranno la terra: mite è chi non fa valere i propri diritti e cede piuttosto che adirarsi, non sopraffà e non aggredisce nessuno. La terra promessa è la promessa dello Spirito. Chi ha lo spirito padronale la perde; chi ha lo spirito del povero ne ha l’eredità: è figlio, uguale al Padre, con il suo medesimo amore verso i fratelli.

Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, saranno saziati. Fame e sete sono bisogno di vita, e la vita è la giustizia, la volontà di Dio, il suo amore per tutti. Beato chi ha fame e sete di vivere sulla terra il suo amore di Padre che è nei cieli.

Beati i misericordiosi, troveranno misericordia. Sono coloro il cui cuore si lascia toccare dal male altrui come fosse proprio. Il misericordioso trova Dio stesso che è misericordia, e se stesso, figlio suo, misericordioso come il Padre. E’ l’unica beatitudine dove uno trova nel futuro ciò che ha già ora!

Beati i puri di cuore, vedranno Dio. Il cuore puro è un occhio trasparente che vede Dio. E lo vede in tutte le cose, perché lo ha dentro e lo proietta su tutto. La purezza di cuore si ottiene con la retta intenzione: chi in tutto cerca solo Dio, trova lui che è tutto in tutti.

Beati i pacificatori, saranno chiamati figli di Dio. Fare la pace tra gli uomini significa renderli fratelli.

Beati i perseguitati a causa della giustizia, di essi è il regno dei cieli. La pace non è mai pacifica: costa la croce del pacificatore (Ef 2,13s); come a Gesù così ai suoi discepoli, che ritengono una dignità l’essere disprezzati come lui. (At 5,41)
Monache Benedettine Monastero SS. Salvatore Grandate