III Domenica di Avvento

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 3,10-18.

Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?».
Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?».
Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».
Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo,
Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.

 

Siamo alla 3ª domenica di Avvento nota anche come la domenica della gioia dalla prima parola
dell’antifona latina “Gaudete” per l’ingresso della S. Messa. È un bell’invito quello di rallegrarci,
ma per qual motivo? Le Letture lo spiegano. Iniziamo dal profeta Sofonia (1ª Lettura) che subito
chiede di gioire, di esultare e di rallegrarsi con tutto il cuore, di fare insomma grande festa perché
Dio ha perdonato il suo popolo, è ritornato in mezzo a lui e ha allontanato il nemico che lo
affliggeva. Israele deve riprendere quindi forza ora che il Signore si è rivelato come salvatore
potente e, rinnovato dal suo amore, sarà anche la gioia di Dio. È vero che Sofonia rivolge questo
invito a Israele, ma è rivolto ora a noi, popolo di Dio, a ciascuno dei suoi figli e figlie perché la
Parola che Dio ha pronunciato per mezzo dei profeti non è relegata al passato, Dio, infatti, è l’eterno
presente, vive nell’oggi e le sue Parole sono sempre attuali, sono quindi sempre rivolte a chi in quel
momento le ascolta. Cominciamo quindi a rallegrarci perché Dio è in mezzo a noi come potente
salvatore, non lasciamoci abbattere dal male che vediamo in noi e attorno a noi, Dio ci rinnoverà nel
suo amore e così potremo gioire con Lui e per Lui. Prepariamoci quindi a gustare la gioia che avrà
la sua pienezza nella celebrazione del mistero dell’Incarnazione, di un Dio che è tanto in mezzo a
noi da diventare uomo come noi. È proprio il caso quindi di saltare di gioia, di preparare il nostro
cuore a una grande festa.
S. Paolo nella lettera ai Filippesi (2ª Lettura) continua sul medesimo tema, anzi ci esorta a
rallegrarci non ogni tanto, ma sempre, indica quindi la gioia come la caratteristica del cristiano
perché il Signore è vicino. Questa vicinanza ci deve rassicurare nelle nostre angustie, difficoltà,
problemi, perché possiamo rivolgerci al nostro Dio che ci è vicino, ci vede, ascolta le nostre
preghiere, comprende e non ci lascia mancare il suo aiuto e sostegno. Il pensiero di un Dio vicino a
noi non può che portare pace nei nostri cuori, serenità, speranza e gioia, anche nei momenti di
dolore, questo è quanto ci dà la fede in Dio.
Il Vangelo ci presenta il Battista che a chi vuole il battesimo di conversione e chiede cosa fare per
convertirsi, domanda solo di vivere bene con lealtà la propria professione. I soldati rimangano tali,
ma si comportino con umanità, non con prepotenza, i pubblicani che riscuotono le tasse possono
continuare il loro mestiere, ma devono farlo con onestà, chi vive nell’agiatezza, condiva con chi non
ha. Consolante, vero? Il nostro Dio non ha la lista dei mestieri consentiti e quelli no, prova ne è che
ci sono santi medici, infermieri, soldati, preti, sposati, re, sarti ecc. l’importante è compierli con
coscienziosità, come per il Signore. Che bello, possiamo quindi continuare la nostra vita, semplice o
impegnativa, dobbiamo solo convertire il modo di adempiere i nostri compiti, è il cuore che deve
lasciarsi conquistare dall’amore per mettervi amore in ciò che facciamo e allora saremo nella
volontà di Dio e questo non è forse motivo di gioia? Per arrivare a questo abbiamo però bisogno
dell’aiuto di Dio stesso ed è ancora il Battista ad annunciarci che se lui battezza con acqua a
significare la volontà di chi riceve il battesimo di cambiare il modo di vivere, arriverà invece un
altro superiore a lui che battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Lo Spirito di Dio che Gesù Cristo ha
donato a tutti quando è spirato sulla croce, nel battesimo ci rende partecipi della vita divina, vita di
Amore e nell’Amore, perché Dio è Amore. Questo fuoco d’Amore brucerà tutte le nostre scorie, i
nostri nemici, che impediscono alla vita divina di espandersi in noi: peccati, egoismo, orgoglio,
superbia ecc. e conserverà il buon grano della fede, della speranza, della carità che ci fanno crescere
in grazia e santità. Il nostro Dio viene quindi per regalarci un futuro di libertà, non per angariarci
con rigide pretese e norme, ci chiede solo di fargli spazio per ricevere il dono del suo Spirito che è
Amore e quando c’è l’amore in noi e lo diffondiamo, siamo nella gioia, quella vera, autentica che
niente e nessuno può toglierci. Rallegriamoci quindi per questa bella notizia e disponiamoci a
percorrere questo cammino che il Signore Gesù viene a inaugurare con la sua nascita nella carne,
nel suo Natale.

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate