II Domenica di Quaresima

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 17,1-9.

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.
E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.
Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.
Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: «Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: «Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.
Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: «Alzatevi e non temete».
Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

L’augurio che il Signore ci fa oggi allarga il cuore, è un raggio di sole che si fa spazio tra le nuvole
del cielo grigio della tanta violenza che si stende sul mondo che ci è stato affidato, è una carezza su
tutti i volti segnati dalle lacrime… “Possa tu essere una benedizione” (Gen 12,2 b).
Dio ci ha pensati, voluti e creati per essere una benedizione e, anche se come Adamo siamo venuti
meno a questo nostro essere “cosa molto buona” (cfr Gen 1,31), con Abramo anche a noi viene
data nuovamente questa possibilità per assumere la nostra vera responsabilità e metterci in
cammino.
Lasciare la nostra terra, la nostra parentela, la casa di nostro padre, per andare verso la terra che ci
indicherà il Signore (cfr Gen 12,1), non è così difficile come sembra: tutte queste richieste non sono
altro che l’invito con cui il Signore ci chiede di fidarci di lui, di essere certi che la nostra vita non è
nelle nostre mani ma nelle sue. Senza Dio noi restiamo incompiuti. Il nostro passato e il nostro
futuro sono sicuri nel suo cuore, ed è dal suo cuore che ci viene il dono di questo oggi, la cui
intensità sta nel lasciare che il Signore ci si avvicini, ci tocchi e ci dica: “Alzatevi e non temete” (Mt
17, 7).
Siamo oggi portati sul Tabor per ricordare che la benedizione è la fecondità della vita: il mondo è
un cantiere e noi siamo dei collaboratori nell’edificazione del Regno, chiamati a svelare il bene
ancora invisibile ma che è presente.
É il Signore che apre i nostri occhi per vederlo all’opera, in tutto egli è accanto a noi; è il Signore
che apre i nostri orecchi per ascoltarlo conversare, è lui, il Signore che ha vinto la morte e ha fatto
risplendere la vita, guarendoci dalla nostra miopia e sordità.
Ascoltando Gesù anche noi possiamo scommettere fiduciosi nella mitezza e non nella violenza:
lottare contro il male è combattere contro i fratelli; scegliere di collaborare con il bene che la vita
offre è crescere nella libertà e costruire la pace.
Mostraci il tuo volto Signore! Facci udire la tua voce!
Senza paura affrontiamo il cammino della vita nella certezza che la tua presenza ci avvolge, ci
accompagna, ci sostiene.

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate