II Domenica di Avvento

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 3,1-6.

Nell’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetrarca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetrarca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetrarca dell’Abilène,
sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto.
Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati,
com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaia: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sia riempito, ogni monte e ogni colle sia abbassato; i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!

Oggi la celebrazione eucaristica si apre con questa preghiera: “Dio grande e misericordioso,
fa’ che il nostro impegno nel mondo non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio, ma la sapienza
che viene dal cielo ci guidi alla comunione con il Cristo, nostro Salvatore” (Colletta).
Da subito ci viene chiesto di discernere sul nostro impegno, perché non tutto il nostro impegno è
buono, creativo, liberante, possibilità di vita e offerta di perdono. Il nostro impegno può infatti
creare burroni, monti e colli elevati, vie tortuose e impervie tra noi e gli altri, tra noi e l’Altro.
Questo però non è un problema per il nostro Dio. È il profeta Baruc che ci rassicura annunciandoci
il motivo per cui il Verbo è entrato nella storia e continua a stare nelle nostre storie: “Dio ha deciso
di spianare ogni alta montagna e le rupi perenni, di colmare le valli livellando il terreno, perché
Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio” (Bar. 5,7-8)
Discernere sul nostro impegno non vuol dire ricordarci che siamo chiamati a pregare gli uni per gli
altri con gioia a motivo della nostra cooperazione per il Vangelo (cfr Fil 1,4-6.8-11), per permettere
allo Spirito di portare a compimento l’opera buona in noi (cfr Fil 1,6), ovvero di far crescere in
conoscenza e discernimento la nostra carità (cfr Fil 1,8).
“Preparare la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!”
(versetto al vangelo) non è più una cosa impossibile dato che il Verbo del Padre, la Scrittura
vivente, quella ultima, definitiva che non si contrappone alla Scrittura data da Dio al popolo per
mezzo di Mosè e dei profeti, ma che la porta a compimento realizzandola in pienezza e rivelandone
il senso, non ha considerato un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio e si è fatto carne nell’uomo
Gesù di Nazaret. “Gesù, l’assolutamente innocente, l’esente da colpa, l’agnello senza macchia” ha
scelto di rinunciare alla sua innocenza e di assumere su di sé il nostro peccato in tutta la sua
completezza, per donare a tutti il perdono del Padre. Un perdono, una misericordia, che si consegna
nelle nostre mani dal basso, che ci viene dato da chi per amore ha scelto di assumere su di sé la
nostra condizione umana in tutta la sua realtà, anche quella del peccato. (Cfr Ester ABBATTISTA,
“Il male, la libertà umana e la risposta di Dio”, il pozzo di Giacobbe, 2019, pag 60-76).
Accogliamo allora in questa domenica l’invito del profeta: “Deponi, o Gerusalemme, la veste del
lutto e dell’afflizione, rivèstiti dello splendore della gloria che ti viene da Dio per sempre. Avvolgiti
nel manto della giustizia di Dio, metti sul tuo capo il diadema di gloria dell’Eterno, perché Dio
mostrerà il tuo splendore a ogni creatura sotto il cielo” (Bar 5,1-3), ricordandoci che lo splendore
della gloria che ci viene da Dio per sempre è il suo Spirito che ci permette di essere e vivere da figli
proprio come il Figlio.

Monache Benedettine SS. Salvatore Grandate