Cardinali

7 settembre 2020

Quando un vescovo viene nominato cardinale si fanno sempre grandi sproloqui, da parte del nominato, dei vertici diocesani e della stampa cattolica, sul fatto che questo onore non è tanto per la persona del vescovo quanto per la Chiesa da lui guidata, che riceve lustro e nuovo impulso a percorrere la strada intrapresa, approvata totalmente dal Papa con la suddetta nomina.

Lodevole modestia (speriamo anche sincera), da parte del vescovo. Malcelato orgoglio da parte di coloro che hanno un forte senso di appartenenza alla diocesi. La nomina cardinalizia diventa, quindi, una specie di medaglia al merito, che riconosce l’impegno e la dedizione di tutto il Popolo di Dio presente in quella Chiesa nell’annuncio del Vangelo e nella sua realizzazione pratica in quello che è il contesto sociale del momento.

Se tutto questo è vero, quale significato dobbiamo dare al fatto che, oggi come oggi, in tutto il nord italia nessuna diocesi vede la presenza del vescovo che sia anche cardinale? Torino, Genova, Milano, Venezia: le sedi tradizionalmente cardinalizie sembrano diventate uguali a tutte le altre. Vescovi che nel Concistoro successivo alla loro nomina venivano automaticamente “promossi” cardinali aspettano da anni, vedendosi sopravanzare da vescovi che sono a capo di diocesi sconosciute, situate nelle periferie del mondo o, per restare in Italia, che vivono grossi problemi sociali ed economici (Agrigento, L’Aquila…).

Chissà,forse anche questo è un segno dei tempi. Forse anche questo ci può far capire che non sempre l’organizzazione e l’efficienza pastorali sono i soli criteri per verificare l’efficacia del Vangelo. Forse possiamo capire che davanti a Dio i poveri, i deboli, i sofferenti hanno davvero qualche punto in più. Una bella lezione di umiltà, dunque, per quella parte d’Italia che si ritiene indispensabile al progresso di tutta la Nazione. E anche un invito a privilegiare, a livello ecclesiale, relazioni umane autentiche, con qualche problema teologico in meno e qualche sorriso in più.

Un grande “grazie”, allora, al Papa, che riesce comunque sempre a farci pensare. Quando nomina e quando non nomina.

don Roberto