22 gennaio 2018
Arrivano le elezioni.
E ringrazio il Vescovo per avermi dato, nell’omelia del Te Deum di fine anno, una preziosissima indicazione di voto: “Siamo in un periodo in cui i partiti e gli uomini politici hanno generato delusione e lontananza dall’impegno politico. Il malcontento e la diffidenza verso i leader politici si sono approfonditi a causa di aspettative non soddisfatte e problemi non risolti. L’astenersi dal voto, a cui tutti invece siamo obbligati, non deve essere espressione di questa delusione. Non deve essere il partito dei rinunciatari a prevalere e nemmeno i leader populisti possono assumere le responsabilità di governo sfruttando le rabbie e le paure della gente, a causa di promesse di cambiamento seducenti, quanto irrealistiche. Ciascuno in coscienza si orienti verso quei candidati che presentano programmi che facilitino il bene possibile, che tutelino la dignità e il rispetto della vita delle persone, che facilitino la solidarietà e non si limitino a promesse aleatorie”.
Perfetto! Un’ottima indicazione! Tanto più che qualche giorno dopo, sul quotidiano “La Provincia” il delegato vescovile per la cultura e la comunicazione, nonchè delegato vescovile per la formazione permanente del clero nonchè direttore de ” Il settimanale” della Diocesi, forniva l’interpretazione autentica del pensiero del vescovo, specificando che con il termine “populisti” si riferiva ad un ” populismo becero e d’accatto, sloganista e semplificatorio, del tutto privo di cultura e di preparazione politica, che prospera sugli umori e sulle rabbie diffuse della gente. Umori, paure e rabbie che hanno motivi ben validi per esprimersi (per esempio i morsi della crisi economica, la sfida epocale delle migrazioni, un certo clima intimidatorio di disordine e insicurezza), ma che chiedono di essere interpretati e guidati, non cavalcati. Servirebbe a ciò una classe politica sapiente e lungimirante, prudente e creativa, moderata e coraggiosa. Cioè l’esatto contrario di un “populismo” parassitario che specula sulla pancia molle della gente, in cerca di dividendi elettorali che non saprebbe poi tradurre in una saggia azione di governo… Evidentemente a questo “populismo” faceva riferimento il vescovo nella sua omelia di fine anno”.
Magnifico! Finalmente si può votare con cognizione di causa e chissà che ampia scelta di capi -partito equilibrati e che offrono garanzie di serietà una volta al governo!
Per sottolineare questa ampia scelta mi limito a elencare alcune proposte (e i loro costi) prese dal “mercato delle vacche” della campagna elettorale. Lasciando poi al Magistero stabilire quale proposta (e relativo leader) sia populista e quale no.
Abolizione del canone RAI (Renzi), rimodulazione della flat tax ( Salvini e Berlusconi, costo tra i 30 e i 40 miliardi), rimodulazione dell’IRPEF (Renzi e Di Maio, costo tra i 12 e i 15 miliardi), estensione degli 80 euro mensili alle famiglie con più figli (Renzi, costo 5,7 miliardi), reddito di cittadinanza (Di Maio e Berlusconi, costo tra i 15 e i 17 miliardi), cancellazione dell’IRAP (Berlusconi,costo 13 miliardi), pensioni minime a 1000 euro (Berlusconi, costo 18 miliardi), abolire la legge Fornero (Salvini, costo 140 miliardi)… Meglio fermarsi qui. E chiedere aiuto.
Aspetto un’ulteriore indicazione magisteriale, va bene anche se autenticamente interpretata: il nome di chi votare. Perchè io, essendo molto limitato, sarei estremamente imbarazzato nella scelta e rischierei di sbagliare, votando per qualche populista.
don Roberto