18 gennaio 2021
Qualcuno si ricorderà del “Rottamatore”, quel giovane politico che propugnava la “rottamazione” dei vecchi politici. Lo slogan “largo ai giovani” sembrava essere diventato, una decina di anni fa, un sistema operativo valido per ogni settore della vita civile: dalla politica all’economia chi aveva più di cinquant’anni veniva guardato con una specie di compatimento, come quegli elefanti che, sentendo prossima la fine, lasciano il branco per andare a morire in totale solitudine.
Ci si industriava a creare “finestre” che permettessero ai “vecchi” di andarsene in prepensionamento, si inventavano nuove modalità di lavoro nelle quali i sessantenni fossero praticamente congelati e resi innocui per le aziende che scommettevano, invece, sui giovani entusiasti e rampanti.
Ma essere giovani è un valore in sè e per sè? Basta avere meno di quarant’anni per essere automaticamente saggio, intelligente, lungimirante, determinato? D’altronde è di poco tempo fa l’uscita infelice del governatore della Liguria che qualificava gli ultraottantenni come “improduttivi” e, quindi, come pesi di cui la società si liberava anche grazie al covid.
Davanti a tanto giovanilismo a buon mercato dovremmo guardare all’esempio dato dalla Chiesa cattolica. Se la considerassimo solo dal punto umano ci troveremmo di fronte alla multinazionale più grande del pianeta. E chi si trova a capo di questa multinazionale? Un vecchio di 84 anni. E dei suoi 128 stretti collaboratori (i cardinali elettori) ben 103 hanno più di settant’anni. E se guardiamo ai 231 vescovi italiani che svolgono attivamente il proprio ministero scopriamo che 132 hanno superato i sessantacinque anni (cioè l’ età in cui una persona normale va in pensione) e nemmeno uno ha meno di cinquant’anni (solo 20 sono tra i cinquanta e i cinquantacinque anni).
Immagino ciò che potrebbero dire i sostenitori del “giovanilismo a tutti i costi”: siamo di fronte ad una gerontocrazia! E invece siamo di fronte ad una realtà che valorizza pienamente il bagaglio di esperienza, di saggezza, di equilibrio e di discernimento che un vecchio ha accumulato in una vita e che può ancora spendere a servizio bel Bene. Da alto dirigente e non da scadente comprimario.
Il Papa richiama spesso il pericolo, per la società odierna, di considerare i vecchi tra i “rifiuti” che vanno parcheggiati in qualche posto sottratto alla vista dei più, in attesa di essere eliminati. Anche per questo abbiamo bisogno di occhi nuovi con cui guardare la realtà: gioventù e vecchiaia sono innanzitutto dimensioni interiori.
Si possono trovare giovani anagraficamente che sono vecchissimi dentro e vecchi anagraficamente che sono giovanissimi dentro. E allora riscopriamo i vecchi che vivono attorno a noi, attingendo all’esperienza della loro vita e sapendo vedere il bello che brilla nella loro anima. E se ne conoscessimo qualcuno un po’ troppo lamentoso e ripiegato su sè stesso (sono rarissimi, grazie a Dio) aiutiamolo a guardare la realtà con animo positivo e pieno di gratitudine verso Colui che opere meraviglie.
don Roberto