5 luglio 2021
A qualcuno potrà sembrare poco elegante, ma ogni tanto l’utilitarismo torna “utile”. Quando scegliamo di dire o di fare una cosa di solito pensiamo anche a quale vantaggio ne possiamo trarre. O, viceversa, quali svantaggi ne potrebbero derivare.
Certo, non può essere questo l’unico criterio ispiratore della nostra scelta, ma è indubbio che l’utilità sia un criterio importante. Anzi, in alcuni casi diventa fondamentale, quando, per esempio, ci aiuta vedere situazioni e persone in prospettiva della vita ultraterrena. Perchè spesso ciò che sembra essere utile in una visione del mondo limitata alla vita terrena non lo è più se si ammette l’esistenza di un’altra vita.
Ed è proprio in funzione dell’altra vita che dovremmo fare le nostre valutazioni. In fondo si pensa un po’ al proprio tornaconto, anche se in senso spirituale. Se analizziamo la realtà attraverso il criterio dell’utilità non possiamo fare a meno di pensare anche a noi stessi.
Siamo utili a qualcuno oppure no? E perchè siamo utili? In che senso l’altro vede in noi una risorsa? Solo perchè ci vede in una funzione esclusivamente materialista, come erogatori di servizi (tra i quali è molto apprezzato quello del bancomat) oppure perchè coglie in noi una presenza che diventa “salvifica”, che aiuta a star bene spiritualmente, che sollecita a fare scelte che riceveranno il premio in Paradiso?
Spesso l’idea di “utilità” entra anche nelle scelte politiche: che cosa mi procura più voti? Che cosa porta ad un maggior benessere dei cittadini? Da questo punto di vista la religione stessa è stata più volte vista nella sua funzione di realtà utile, piegata e asservita a logiche puramente umane.
D’altronde, proviamo a chiederci, come discepoli di Gesù: “il nostro Dio ci è utile?”. Rispondendo a questa domanda potremmo anche scoprire cose non molto piacevoli riguardo al nostro senso religioso.
don Roberto