15 gennaio 2018
Qualche giorno fa il quotidiano “Avvenire” riportava una notizia a mio parere abbastanza sconvolgente.
La Diyanet, l’Autorità turca per gli affari religiosi, ha dato il via libera ai matrimoni con bambini, fissando l’età minima per contrarre matrimonio a nove anni per le femmine e a dodici anni per i maschi. Per legge in Turchia l’età minima per sposarsi è di 17 anni, ma i partiti islamici si fanno sempre più esigenti nel pretendere che lo Stato adegui le proprie leggi alle tradizioni religiose. E, comunque, ciò che è proibito dallo Stato viene permesso dalla società, soprattutto nelle zone rurali del Paese, dove ciò che conta è solo l’accordo tra le famiglie dei nubendi e il matrimonio viene celebrato come rito privato. La stessa pratica è seguita in molti altri Stati, non solo islamici.
Secondo i rapporti dell’Unicef nel mondo 23 milioni di donne che hanno oggi tra i 20 e i 24 anni si sono sposate prima di aver compiuto i 15 anni. I Paesi in testa a questa deplorevole classifica sono Niger, Ciad, Bangladesh e Guinea. La Danimarca ha allo studio una legge per arginare questo fenomeno che sta dilagando nei campi- profughi presenti sul suo territorio. Mentre negli Stati Uniti non esiste una età minima valida per tutto il Paese. Anzi, in 27 Stati non esiste proprio un’età minima fissata per legge, così che i singoli tribunali possono decidere in totale autonomia, rendendo possibili i matrimoni di tre bambine di 10 anni nel Tennessee e quello di una ragazzina di 14 anni con un vecchio di 74 in Alabama.
Viene da pensare. E da noi? Siamo sicuri che tutte le etnie presenti in Italia siano rispettose della Legge italiana? Chissà se tutti coloro che parlano continuamente (e giustamente, in molti casi) di rispetto per le culture e le tradizioni dei diversi popoli hanno qualcosa da dire anche su questo argomento?
Perchè spesso ho l’impressione che venga passato un messaggio molto superficiale, del tipo “tutto ciò che è esotico è bello e buono”.
Forse anche no. Forse sarebbe il caso che lo Stato vigilasse adeguatamente su certe presenze e che un certo “buonismo”, anche ecclesiastico, non portasse a credere che basta la qualifica di “mendicanti” o di “profughi” per rientrare tra quelli che hanno sempre ragione e sono brave persone “a prescindere”.
La civiltà in cui viviamo ha fatto grandi progressi, anche grazie al Cristianesimo, riguardo ai diritti e alla dignità della persona umana. E forse sarebbe il caso che ci sentissimo, tutti, custodi e difensori di questi diritti. In modo particolarissimo di quelli dei bambini. ” Chi guarda a Gesù Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo”, dice il Concilio Vaticano II nella “Gaudium et spes”. Non dimentichiamoci mai di Chi siamo discepoli e di quali compiti il Maestro ci ha affidato. E rendere discepole tutte le genti è uno di questi compiti.
Anche se oggi è forse un po’ sottaciuto.
don Roberto