28 maggio 2018
La notizia è sconvolgente e la sorpresa è grande: tutti i vescovi del Cile hanno rassegnato le dimissioni per aver coperto abusi sessuali di cui erano a conoscenza.
Lo scandalo che ha travolto la gerarchia ecclesiastica cilena ha visto inizialmente coinvolto anche il papa, che aveva poi chiesto perdono per aver sottovalutato la situazione e aveva avviato indagini serie ed approfondite, che hanno portato alla luce silenzi, complicità, appoggi… le solite cose, verrebbe purtroppo da dire.
“Chiediamo perdono per il dolore causato alle vittime, al Papa, al Popolo di Dio e al nostro Paese per i gravi errori e le omissioni… Ringraziamo le vittime per la loro perseveranza e il loro coraggio, nonostante le enormi difficoltà personali, spirituali, sociali e familiari che hanno dovuto affrontare, unite spesso all’incomprensione e agli attacchi della stessa comunità ecclesiale. Ancora una volta imploriamo il loro perdono e il loro aiuto per continuare ad avanzare sul cammino della guarigione delle ferite…Ci mettiamo in cammino sapendo che questi giorni di dialogo onesto hanno rappresentato una pietra miliare di un profondo processo di cambiamento guidato da Papa Francesco. In comunione con lui vogliamo ristabilire la giustizia e contribuire alla riparazione del danno causato, per dare nuovo impulso alla missione profetica della Chiesa in Cile, il cui centro sarebbe sempre dovuto essere in Cristo.”
Sono parole del comunicato dei vescovi cileni. Sembrano lontane anni luce dalle parole contenute in una lettera inviata a tutti i vescovi del mondo dal cardinale Castrillon Hoios, prefetto della Congregazione per il clero, il quale, nel 2008, scriveva a mons. Pican, un vescovo francese condannato a tre anni di carcere per aver rifiutato di denunciare alla magistratura un sacerdote della sua diocesi, nonostante fosse da anni a conoscenza della sua condotta immorale e non fosse mai intervenuto per fermarla: “Ha agito bene, mi rallegro di avere un fratello nell’episcopato che, agli occhi della storia e di tutti gli altri vescovi del mondo, avrà preferito la prigione, piuttosto che denunciare un prete della sua diocesi…Questa Congregazione, per incoraggiare i fratelli nell’episcopato in una materia così delicata, trasmetterà copia di questa missiva a tutti i fratelli vescovi”.
Parole allucinanti, che costrinsero il portavoce vaticano a precisare che “la lettera non rappresenta la linea della Santa Sede”.
Aria nuova, Dunque? Speriamo. Anche se rimane l’amarezza del dolore causato a tante persone.
Sempre riguardo alle vicende cilene, su “Avvenire” Guido Mocellin prendeva spunto dal ringraziamento dei vescovi dimissionari ai mezzi di comunicazione per il “servizio alla verità” da essi svolto nel portare alla luce le questioni per dire cose molto vere e belle: “Quando le vittime scelgono di rendere pubbliche le loro ferite e la loro sofferenza, è perchè l’istituzione non ha dato loro ascolto. Così si potrà sperare che il ruolo dei media sarà sempre meno centrale quanto più le comunità ecclesiali, anche le più piccole, si educheranno a un tale ascolto e in generale si apriranno a conoscere e a riconoscere le dinamiche di tali abusi”.
Ma veniamo alla nostra Diocesi.
Qualche giorno fa, con grande sorpresa, ho ricevuto un supplemento al Bollettino Ecclesiastico Ufficiale (dove ci sono gli interventi del Vescovo, i provvedimenti della curia, le nomine dei preti e molto altro) interamente dedicato al tema degli abusi sessuali perpetrati nella Chiesa cattolica. L’introduzione del Vescovo contiene parole molto significative, gravide di impegni: “Grande clamore e sconcerto hanno generato nel corso del 2017 vari servizi televisivi e giornalistici attorno alla diffusione di notizie relative a condotte immorali attribuibili a un nostro sacerdote. Ne era scaturita tanta tristezza e sofferenza. Non è mancata la vicinanza alle comunità ecclesiali in sofferenza e che si sono interrogate sulla veridicità o meno di quanto i mass media hanno ostentato con tracotante sicurezza.
Si è avvertito, però, anche vivo il compito di educare il Popolo di Dio a “trarre profitto” da queste vicende nella certezza che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”.
Occorre infatti imparare a “trovare Dio” dentro tutte le situazioni, anche le più dolorose, quelle che generano amarezza, suscitano interrogativi inquietanti ed espongono i singoli fedeli e la Chiesa intera al pericolo di facili critiche, non ultimo una perdita di fiducia.
“Dobbiamo avere gli occhi aperti e non nasconderci una verità che è spiacevole e non vorremmo vedere”, esorta papa Francesco.
Come Cristiani dobbiamo guardare in faccia la realtà, senza paura, con grande serenità senza ricorrere al vano tentativo di nascondere alcunchè (che sarebbe espressione di una mentalità da trincea), senza nemmeno dare l’immagine di voler minimizzare le notizie… Come sacerdoti, in particolare, avvertiamo l’esigenza di una maggiore assunzione di responsabilità nel prenderci cura del gregge che ci è stato affidato così come del prenderci cura gli uni degli altri”.
Il supplemento riporta integralmente il Motu Proprio del Papa ” Come una madre amorevole”, sulla responsabilità dei vescovi nei casi di abusi e sulla loro rimozione in caso di inadempienze o complicità (i lettori di queste riflessioni ne avevano già gustati ampi stralci nella riflessione del 20 giugno 2016, qualche giorno dopo la pubblicazione del documento. Ovviamente, la stampa cattolica “locale” era stata in prudente e guardingo silenzio), due discorsi e un’omelia ancora del Papa, tre interventi di Benedetto XVI, uno studio del nostro canonista don Marco Nogara e, infine, consiglia la lettura di alcuni articoli, uno dei quali già riportato quasi integralmente in queste riflessioni l’11 dicembre 2017.
Forse qualcosa comincia a muoversi anche sulle sponde amene del nostro lago.
Chissà.
Intanto restiamo in trepida attesa di sapere se la “tracotante sicurezza” ostentata dai mass media nel novembre del 2017 corrispondeva a verità oppure no. Si sa che i tempi delle gerarchie ecclesiastiche sono sempre piuttosto lunghi, ma forse varrebbe la pena di stringere.
Anche perchè ci sono tante persone in attesa di giustizia e/o di riabilitazione della propria immagine.
D’altronde la Verità non può farci paura…altrimenti sarebbe come dire che ci fa paura Gesù.
don Roberto