13 giugno 2016
Mi ricollego alla riflessione della scorsa settimana partendo da una constatazione ovvia e banale: i soldi sono una tentazione per tantissimi esseri umani.
Anche per i cristiani.
Anche per le gerarchie ecclesiastiche.
Purtroppo mi è capitato spesso (e credo che mi capiterà ancora) di vedere famiglie litigare per l’eredità o per beni mal distribuiti tra fratelli e nipoti.
Ma se c’è qualcuno che deve dare assolutamente l’esempio di un corretto rapporto con i beni materiali siamo noi ecclesiastici. Soprattutto quando i beni di cui si parla provengono dalle offerte di chi, magari con notevoli sacrifici, ha voluto sostenere le iniziative della Chiesa. Purtroppo i casi di cattiva (eufemismo!) amministrazione si succedono con una frequenza allarmante. L’ultimo in ordine di tempo è il cardinal Calcagno, presidente dell’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede apostolica), iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Savona per concorso in malversazione.
Il reato si riferirebbe all’epoca in cui Calcagno era Vescovo di Savona-Noli e alla gestione dell’Istituto di sostentamento del clero. La notizia è apparsa il 17 maggio.
Ma, senza tralasciare altri fatti gravi (in febbraio viene arrestato dalla Procura di Bolzano per truffa, riciclaggio ed evasione fiscale mons. Patrizio Benvenuti, fondatore di ONLUS varie e grande raccoglitore di fondi, investiti a titolo personale in ville e persino siti archeologici e in società finanziarie in Belgio, Lussemburgo, Svizzera e Stati Uniti), basterebbe tornare indietro al dicembre dello scorso anno per ricevere un colpo non da poco alle coronarie.
Dopo una lettera circolare del nuovo Ministro generale dei Frati minori francescani e le dimissioni dell’economo viene alla luce una situazione incredibile, ma purtroppo vera: la Procura di Como e la Guardia di Finanza hanno accertato che la Provincia italiana dei frati minori, la loro casa generalizia e la conferenza dei ministri provinciali hanno affidato 27 (ventisette!) milioni di euro ad un broker operante in Svizzera, che ha dilapidato la cifra in investimenti sbagliati.
Qualche giorno dopo le perquisizioni il broker viene trovato impiccato nella sua villa di Lurago d’Erba.
Suicidio? Come quello di Roberto Calvi?
Secondo i giornali pare (ma anche qui i pettegolezzi finirebbero immediatamente e l’opinione pubblica avrebbe delle certezze, fosse anche solo quella di non dare mai più offerte alla Chiesa cattolica) che i milioni di euro bruciati dai francescani ammontino a 51 e che nel disastro siano coinvolti anche i salesiani, ma solo per la “modica” cifra di 800.000 euro.
Ma sono diversi anche i vescovi inquisiti per una gestione un po’ allegra dei beni ecclesiastici.
Le diocesi di Messina, Trapani e Terni sono state commissariate per questo motivo. A Padova ha patteggiato la pena per la corruzione legata al Mose di Venezia il dottor Francesco Giordano, revisore dei conti dell’Istituto di sostentamento del clero della Diocesi e responsabile della ristrutturazione della casa del clero, costata 13 milioni di euro ( 370.000 euro a stanza!), a conferma che anche i laici non sono immuni da tentazioni.
Mi fermo qui per carità di patria.
Purtroppo l’elenco è ancora lungo.
Che dire?
Nel 2011 il giornalista Roberto Beretta auspicava la pubblicazione dei bilanci da parte di tutte le Diocesi.
Si è visto il risultato. Ad onor del vero nella Diocesi di Chioggia il Vescovo ha deciso di presentare il bilancio della Diocesi ai preti in occasione del loro incontro del 15 giugno 2012, ascoltando commenti, critiche e suggerimenti.
E la Diocesi di Trento rende pubblici i dati limitatamente ai 116 milioni di euro di portafoglio in partecipazioni azionarie (si è scoperto, così, che è azionista anche della catena Orocash, che campa sui poveracci costretti a vendere i propri gioielli e l’argenteria per far fronte alle spese). Inchieste giornalistiche hanno scoperto i buchi della Diocesi di Reggio Emilia- Guastalla (ma siamo nell’ormai lontano 2006) e di Rimini (2013). Poi più nulla, in attesa, purtroppo di provvedimenti della Magistratura. Perchè tutto questo segreto sui soldi?
Forse varrebbe la pena che i cattolici italiani si mobilitassero non solo sui valori non negoziabili, ma anche sul più prosaico utilizzo del denaro, che crea tanto scandalo tra i fedeli e non solo.
Forse con una richiesta ai vescovi firmata da centinaia di persone delle loro Diocesi qualcuno scoprirebbe che il pastore è tale anche perchè dice quanto ha speso per l’erba delle pecore e per sistemare l’ovile e per costruire la stalla e per il cibo e l’antipulci del cane e quanto ha ricavato dalla vendita della lana…
Concludo con le parole del Papa dette alle Superiori generali degli Istituti religiosi, il 12 maggio di quest’anno: “Il problema dei soldi è un problema molto importante, sia nella vita consacrata sia nella Chiesa diocesana. Non dobbiamo mai dimenticare che il diavolo entra “per le tasche”: sia per le tasche del vescovo sia per le tasche della Congregazione. L’avidità di denaro è il primo scalino per la corruzione di una parrocchia, di una diocesi, di una congregazione, è il primo scalino”.
Ben oltre la povertà personale, spesso praticata, occorre la povertà delle strutture.
Parliamone, discutiamone.
Alla luce dei bilanci.
don Roberto