29 ottobre 2018
Se avessi detto… Se avessi fatto… Se avessi avuto… Se fossi stato… La nostra vita è costellata di “se”.
Ipotesi che avrebbero cambiato la nostra storia, foriere di rimpianti e di pentimenti. Ma anche alibi, spesso. Alibi che ci permettono di non incolparci troppo per gli insuccessi o i fallimenti della nostra vita, alibi che fungono da consolazione indulgente davanti a errori che hanno condizionato negativamente la nostra esistenza e, a causa nostra, quella degli altri.
E’ terribile, la condizione dell’uomo. Perchè prevede la libertà. Tranne poche situazioni che non scegliamo noi ( l’essere nati in un determinato luogo, in un certo tempo, in un famiglia ben precisa…) in tutte le altre dobbiamo pronunciarci, dobbiamo stare di qua o di là. Anche la non-scelta è, in realtà, una scelta.
Anche il vile sceglie. Di essere vile, appunto. Non è sempre facile assistere alle conseguenze che le nostre scelte hanno su noi stessi e sugli altri. Soprattutto quando le conseguenze sono dolorose. Viene spontaneo, allora, cercare giustificazioni, addossare le colpe a qualcuno, a qualcosa, al fato, a Dio, al diavolo.
Difficile assumersi le proprie responsabilità. Più facile lamentarsi, recitare la parte della vittima. Oppure arrabbiarsi contro tutto e contro tutti, fare fuoco e fiamme. E pensare che , qualche volta, basterebbe ammettere di aver sbagliato, basterebbe chiedere scusa, senza “se” e senza “ma”. Basterebbe ammettere le proprie responsabilità.
Dice il proverbio che “con i se non si fa la storia”. Certo, è bello lavorare di fantasia e sognare una vita diversa, immaginare che cosa avremmo fatto se avessimo vinto al superenalotto o se fossimo stati figli di qualche miliardario. Ma la realtà è quella che viviamo e va apprezzata per quello che è, con la consapevolezza che essa è frutto anche delle nostre scelte piccole e grandi, oltre che di ciò che non abbiamo scelto e della grazia di Dio.
Inutile, quindi, piangere, lamentarsi, rimpiangere. Bisogna imparare dagli errori commessi e, con un po’ di fede, costruire sempre qualcosa di migliore, per noi, per la Chiesa e per il mondo. Mettendoci in prima linea e senza la pretesa di “fare le barricate con i mobili degli altri”, come diceva Leo Longanesi.
don Roberto