19 Febbraio 2018
“Gesù rispose loro: “Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto: “Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me, invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetto di uomini”. Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini”. E diceva loro: “Siete veramente abili nel rifiutare il comandamento di Dio per osservare la vostra tradizione”.
Le parole che Gesù rivolge agli scribi e ai farisei (Marco 7,6-9) mi vengono in mente spesso in questi giorni. Ognuno di noi prova a ritagliarsi addosso il Vangelo, con una mirabile opera di taglia e cuci che ottiene un abitino fatto su misura nostra. Del Vangelo prendiamo quello che ci più ci aggrada e lasciamo perdere quello che più ci scomoda. Tra l’altro, in questa operazione, si è sempre sostenuti da esegeti e teologi vari, che, vivisezionando i testi, ci dicono che Gesù diceva una cosa ma in realtà ne voleva dire un’altra, che quella frase è paradossale, che quell’altra è frutto della cultura del tempo e quindi è ormai superata, che lì c’è lo zampino della Comunità dentro la quale nasce il Vangelo e che là è il copista medievale che ha sbagliato… Corroborati dai pareri (sempre tra loro discordi!) di cotanti esperti, ci lasciamo più facilmente irretire dalla tentazione di adattare e annacquare il Vangelo. La tradizione in divenire, l’attualizzazione della dottrina della Chiesa, l’accoglienza misericordiosa come criterio interpretativo del messaggio di Gesù (cavallo di battaglia di questo misericordismo è il brano dell’adultera in Giovanni 8, del quale, però, i misericordisti si “dimenticano”, chissà perché, le ultime parole: “Va’ e d’ora in poi non peccare più!”). sono tutti argomenti forti usati da chi vuole ridurre Gesù a un ideale da ammirare, ma non da imitare. Ecco allora gli sconti e i saldi che vengono spacciati per fedeltà al messaggio più autentico che il Maestro ha voluto donare ai discepoli. Così, quatti quatti, i moderni scribi e farisei tentano di scardinare i capisaldi di una dottrina che trova la sua origine e il suo senso nelle parole di Gesù, così poco accomodanti verso i desideri dei nostri contemporanei. Per esempio a riguardo dell’indissolubilità del matrimonio (“E disse ai discepoli: “Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio”). Tutto questo, ovviamente, non in modo esplicito, bensì con parole complicate e concetti astrusamente arzigogolati, atti a confondere quei poveretti ancora convinti che il bianco sia bianco e il nero sia nero, come se esistessero ancora il bene e il male… Di questi reperti archeologici che credono ancora ad alcune verità inamovibili (“leggi divine”, le chiamavano, quando, secoli fa, studiavo in seminario) faccio orgogliosamente parte. E non me ne vergogno. Delle verità proclamate in teoria e negate nella pratica posso dire solo che sono ridotte, di fatto, al rango di ex verità. Ma su questi temi tornerò in futuro. Intanto mi prendo l’impegno quaresimale di sforzarmi di vivere il Vangelo così come è scritto, “sine glossa” (“senza commento”), come diceva quel povero illuso che risponde al nome di Francesco d’Assisi. E che, però, sembra che sia davvero riuscito a viverlo, il Vangelo. Forse posso farcela anch’io, allora. Senza le scappatoie e gli “aiutini” dei moderni scribi e farisei.
don Roberto