20 giugno 2016
“Come una madre amorevole la Chiesa ama tutti i suoi figli, ma cura e protegge con un affetto particolarissimo quelli più piccoli e indifesi: si tratta di un compito che Cristo affida a tutta la Comunità cristiana nel suo insieme.
Consapevole di ciò, la Chiesa dedica una cura vigilante alla protezione dei bambini e degli adulti vulnerabili. Tale compito di protezione e di cura spetta alla Chiesa tutta, ma è specialmente attraverso i suoi Pastori che esso deve essere esercitato. Pertanto i Vescovi diocesani, gli Eparchi e coloro che hanno la responsabilità di una Chiesa particolare devono impiegare una particolare diligenza nel proteggere coloro che sono i più deboli tra le persone loro affidate”.
Con queste parole inizia il “Motu proprio” con il quale il Papa prende un provvedimento clamoroso, inserendo tra le “cause gravi” che prevedono la rimozione di un Vescovo anche ” la negligenza dei Vescovi nell’esercizio del loro ufficio, in particolare in riferimento ai casi di abusi sessuali compiuti su minori ed adulti vulnerabili”.
Reso noto il 4 giugno, il “Motu proprio” entrerà in vigore il 1° settembre ed ha avuto una vastissima eco sulla stampa.
Anche il quotidiano dei vescovi italiani, “Avvenire” gli ha dedicato l’articolo di fondo e l’intera pagina 7.
Ovviamente i commenti dei vari editorialisti erano entusiasti e si facevano lodi sperticate del Papa, che finalmente aveva risalito la corrente, arrivando a colpire anche coloro che spesso hanno avuto una grossa responsabilità nella reiterazione del reato di abuso sessuale su minori da parte di sacerdoti.
Infatti il Papa stabilisce che il vescovo diocesano “può essere legittimamente rimosso dal suo incarico se abbia, per negligenza, posto od omesso atti che abbiano provocato un danno grave ad altri, sia che si tratti di persone fisiche sia che si tratti di una comunità nel suo insieme. Il danno può essere fisico, morale, spirituale o patrimoniale”.
La rimozione avviene “anche senza grave colpa morale” da parte del vescovo.
Verrebbe da chiedersi quale vescovo possa essere così scriteriato da prendere sottogamba una situazione come quella degli abusi sessuali commessi dai preti a danno dei minori.
Purtroppo i casi non mancano.
Il più eclatante è quello del cardinal Mahony ,arcivescovo di Los Angeles, accusato di aver coperto gli abusi di 129 (centoventinove!) sacerdoti.
Ma anche a casa nostra non sono mancati casi eclatanti come quello di mons. Lafranconi, che nell’ottobre del 2012 viene accusato di aver coperto, quando era vescovo di Savona, gli abusi di un prete e di essersi limitato a cambiargli diverse volte incarico, permettendogli così di continuare a dare le sue particolari attenzioni ad altri bambini.
Il giudice per le indagini preliminari di Savona scriveva nell’ordinanza con cui archiviava la posizione del vescovo per sopraggiunta prescrizione: “…da tali documenti, perfettamente in linea con l’atteggiamento omissivo del Lafranconi, risulta- è triste dirlo- come la sola preoccupazione dei vertici della curia fosse quella di salvaguardare l’immagine della diocesi piuttosto che la salute fisica e psichica dei minori che erano affidati ai sacerdoti della medesima. E come principalmente (per non dire unicamente) per tale ragione l’allora vescovo di Savona non avesse esercitato il suo potere-dovere di controllo sui sacerdoti e di protezione dei fedeli”.
Queste parole scritte da un giudice mi fanno riflettere sui motivi che possono spingere un vescovo a coprire, a nascondere le malefatte di un prete, mettendo a repentaglio il bene di tante altre potenziali vittime.
Forse il “bene” della Chiesa (come se il bene coincidesse con una onorabilità di facciata, che possa celare il marcio e lo sporco).
Forse un senso di “paternità” verso i “poveri” sacerdoti che non sanno trattenere le proprie pulsioni e per ciò stesso meritevoli di particolare misericordiosa attenzione da parte del vescovo (ma un vero papà, quando scopre che un suo figlio devasta il corpo e l’anima propri e degli altri, lo lascia continuare, limitandosi a qualche pio ammonimento? E poi il vescovo non è padre di tutti, anche dei laici, oltre che dei preti? E il pastore non deve difendere le pecore dai lupi?).
Forse un eccessivo egocentrismo, che fa ergere a giudici e conoscitori infallibili dell’animo umano, dotati di onniscienza e di incrollabile fiducia nelle possibilità delle proprie parole di incoraggiamento (la tentazione dell’orgoglio c’è per tutti, anche per i vescovi. E credere di avere sempre il giusto discernimento in tasca fa parte di questa tentazione).
Forse, più semplicemente, una buona dose di superficialità e di dilettantismo.
Perchè non è detto che un uomo esperto in una qualche branca del sapere teologico sia per forza anche preparato su tutto il resto.
Concludo con una domanda: riusciranno a dormire sonni tranquilli quei vescovi che hanno contribuito, con le loro negligenze, a far soffrire tante persone?
Chissà che notti insonni, in preda ai sensi di colpa!
E che rossore sulle gote quando devono parlare alle famiglie sui valori educativi, sulla difesa dei deboli.
E che senso di vergogna quando si devono scagliare contro il malaffare che attanaglia la nostra società, sostenuto dal silenzio complice di tanti.
Mestiere difficile, quello del vescovo!
Urge la preghiera incessante di tutto il Popolo di Dio.
don Roberto