20 giugno 2022
Qualcuno ce l’ha a morte con il progresso. Si sente ripetere come un ritornello che “una volta si stava bene, le persone erano più buone, c’erano i valori, tutti lavoravano…”.
Basterebbe pensare alla frequenza delle guerre, alla povertà, all’analfabetismo per smentire questa ricostruzione idilliaca del passato. Ma bisognerebbe anche guardare con obiettività e senza pregiudizi al presente. Per esempio dal 1992 a oggi gli abitanti del mondo che vivono sotto la soglia di povertà sono passati dal 36% al 10%. Questo mi sembra un dato interessante. E’ vero che permangono gravi situazioni di povertà, è vero che ci sono Paesi ancora esposti alla fame, è vero che il benessere materiale non porta necessariamente ad una maggior felicità, però è innegabile che il progresso tecnologico, usato bene, può portare a oggettivi miglioramenti.
Si tratta di impegnarsi sempre di più perchè questi miglioramenti riescano davvero a coinvolgere tutti. Certo, come per ogni cosa, occorre equilibrio e “dominio di sè”, direbbe san Paolo. Gli estremi non vanno mai bene. Ma riuscire a vedere il bene e il bello anche nell’epoca in cui viviamo è essenziale per non vivere da nostalgici o da scontenti lamentosi. Sappiamo benissimo che tutto è sempre migliorabile: basterebbe pensare a noi stessi e alla strada che ognuno di noi deve ancora fare per cambiare i lati peggiori del nostro carattere.
Tuttavia sarebbe sbagliato e fuorviante non vedere il bene che ci circonda. E apprezzarlo. Ed esserne sempre più protagonisti. Non siamo spettatori di uno spettacolo scadente, che andrebbe radicalmente cambiato. Se stiamo seduti in platea solo per guardare e criticare siamo dei poveretti che si lasciano passare la vita addosso, nutrendo dentro di sè solo amarezza e rancore.
L’umanità va avanti, le percezioni dei valori cambiano, i modi di vivere cambiano. Noi stessi cambiamo : diventiamo vecchi. Che sia questo a generare il rimpianto per i tempi andati? Non erano più belli i tempi. Eravamo noi ad essere più giovani.
don Roberto