14 giugno 2021
Mese di ordinazioni presbiterali, quello di giugno. In molte Diocesi si rinnova la festa per i “preti novelli”. Giovani (e meno giovani) che si consacrano al servizio della Chiesa.
Tanti anni fa, nel 1988, nella Diocesi di Como venivano ordinati 11 nuovi preti. A Bergamo 22 e a Milano 42. Quest’anno nella Diocesi di Como sono stai ordinati in 3, a Bergamo in 3 e a Milano in 10. Qualcuno è molto preoccupato per la drastica diminuzione dei preti. Le Parrocchie vengono accorpate e un solo parroco deve servire anche cinque o sei comunità, gli oratori non sanno più che cosa sia la presenza di un prete giovane…
Panorama desolante, per alcuni. Panorama promettente, per altri. In ogni caso a me piace vedere in questa drastica diminuzione numerica del clero un segnale preciso dello Spirito Santo. La Chiesa italiana ha finalmente l’occasione per valorizzare i laici, finora prodotto di nicchia similclericale, cooptato in qualche piccola fetta di potere, purchè non si disturbi il manovratore (cioè il parroco o il vescovo).
Buoni per la manovalanza (catechisti, animatori, caritas…), ma sempre con il dovere di obbedienza all’autorità costituita, anche quando questa autorità si trova ad essere tecnicamente incompetente in tante materie. Forse adesso, diminuendo i preti, ci si accorgerà che la manovalanza non è manovalanza, bensì parte essenziale della Chiesa, che i ministeri dei laici non sono una benevola concessione di chi “comanda”, ma fanno parte naturalmente della vocazione battesimale.
E, chissà, forse ci si accorgerà anche che il prete non deve per forza avere il ruolo automatico di dirigente. Potrebbe infatti essere un semplice “servitore” della comunità nel ministero che gli è esclusivamente proprio, e cioè la celebrazione dei Sacramenti, lasciando ad altre figure laicali la “dirigenza” della parrocchia.
Mi rendo conto che tutto questo richiede un cambiamento radicale di mentalità, oltre che di interventi pratici, partendo magari dai progetti educativi del seminario, tesi a formare uomini capaci di collaborare più che di comandare, che si ritengano umili servitori più che padroni.
don Roberto