23 settembre 2024
“Folle numerose venivano per ascoltare Gesù e farsi guarire dalle loro malattie. Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.” (Luca 5,15-16)
Colpisce, questo atteggiamento di Gesù. Siamo abituati a pensare al Messia che insegna, che guarisce i malati, che è sempre vicino a chi soffre e spende la propria vita a consolare, a nutrire, a fare del bene, spiritualmente e materialmente, a tutti. E abbiamo ragione. Tuttavia l’evangelista Luca ci dice anche altro. Ci dice che Gesù aveva bisogno di stare da solo con il Padre. Ce lo ricorda, per la verità, anche Marco, quando descrive Gesù che si alza molto presto al mattino, con il buio, e va pregare da solo. Gesù cerca la compagnia del Padre, ha la necessità di stare in intimità con Dio, e per far questo non esita a sottrarre tempo alle folle e ai loro bisogni.
A qualcuno viene la tentazione di pensare che il tempo dedicato alla preghiera sia tempo perso, che poteva essere impiegato in modo più proficuo, aiutando gli altri. Ecco allora la preghiera relegata a pochi momenti fugaci, poco impegno perché le nostre energie migliori vanno date agli altri, non a Dio. Pensando, magari, che impegnarsi per gli altri possa (o debba) sostituire completamente la nostra relazione intima con il Signore. In realtà è solo nella preghiera che ci alleniamo a frequentare Dio e a riconoscere la Sua presenza nella nostra vita.
Solo quando abbiamo ogni giorno momenti intensi con Lui possiamo coglierne l’opera, che si realizza attraverso gli altri e le situazioni. Pregare è indispensabile per poter guarire, consolare e nutrire le folle che incontriamo ogni giorno.
don Roberto