20 febbraio 2017
Lo devo confessare: mi sono commosso!
Ho letto e riletto la prefazione di papa Francesco al libro in cui Daniel Pittet racconta la sua terribile esperienza: abusato da un prete.
Solo chi ha vissuto questa tremenda esperienza può capire.
L’abisso di sofferenza, le conseguenze che si trascinano per anni, forse per sempre, i sensi di colpa, la frustrazione e il dolore per non essere capiti, per i giudizi malevoli espressi sul proprio conto da molti imbecilli, per la mancanza di ascolto di chi invece avrebbe dovuto ascoltare e proteggere, per i commenti idioti dei giornali che prendono le difese dell’abusante, per i comunicati stampa freddi e senza anima, per il muro di silenzio omertoso fatto calare da chi preferisce nascondere lo sporco sotto il tappeto anzichè buttarlo in pattumiera, per la protervia di chi, invece di chiedere umilmente perdono, fa la vittima e si ritiene offeso, per i benpensanti che ti dicono che era meglio lavare i panni sporchi in famiglia, senza che si venisse a sapere…
Potrei continuare, ma ritengo sia meglio lasciare la parola al Papa, riportando integralmente quello che ha scritto.
Grazie, papa Francesco!
Forse la speranza in una Chiesa migliore non è morta.
Forse alle tante vittime di abusi una qualche consolazione verrà dai sentimenti che Lei esprime.
Forse verranno tempi migliori, anche per quella parte di Chiesa che ha smarrito Gesù e si è ridotta a difendere i sacri palazzi, anzichè i deboli.
Ho letto e riletto la prefazione di papa Francesco al libro in cui Daniel Pittet racconta la sua terribile esperienza: abusato da un prete.
Solo chi ha vissuto questa tremenda esperienza può capire.
L’abisso di sofferenza, le conseguenze che si trascinano per anni, forse per sempre, i sensi di colpa, la frustrazione e il dolore per non essere capiti, per i giudizi malevoli espressi sul proprio conto da molti imbecilli, per la mancanza di ascolto di chi invece avrebbe dovuto ascoltare e proteggere, per i commenti idioti dei giornali che prendono le difese dell’abusante, per i comunicati stampa freddi e senza anima, per il muro di silenzio omertoso fatto calare da chi preferisce nascondere lo sporco sotto il tappeto anzichè buttarlo in pattumiera, per la protervia di chi, invece di chiedere umilmente perdono, fa la vittima e si ritiene offeso, per i benpensanti che ti dicono che era meglio lavare i panni sporchi in famiglia, senza che si venisse a sapere…
Potrei continuare, ma ritengo sia meglio lasciare la parola al Papa, riportando integralmente quello che ha scritto.
Grazie, papa Francesco!
Forse la speranza in una Chiesa migliore non è morta.
Forse alle tante vittime di abusi una qualche consolazione verrà dai sentimenti che Lei esprime.
Forse verranno tempi migliori, anche per quella parte di Chiesa che ha smarrito Gesù e si è ridotta a difendere i sacri palazzi, anzichè i deboli.
” Per chi è stato vittima di un pedofilo è difficile raccontare quello che ha subito, descrivere i traumi che ancora persistono a distanza di anni. Per questo motivo la testimonianza di Daniel Pittet è necessaria, preziosa e coraggiosa.
Ho conosciuto Daniel in Vaticano nel 2015, in occasione dell’Anno della vita consacrata. Voleva diffondere su larga scala un libro intitolato “Amare è dare tutto”, che raccoglieva le testimonianze di religiosi e religiose, di preti e di consacrati.
Non potevo immaginare che quest’uomo entusiasta e appassionato di Cristo fosse stato vittima di abusi da parte di un prete.
Eppure questo è ciò che mi ha raccontato e la sua sofferenza mi ha molto colpito.
Ho visto ancora una volta i danni spaventosi causati dagli abusi sessuali e il lungo e doloroso cammino che attende le vittime.
Sono felice che altri possano leggere oggi la sua testimonianza e scoprire a che punto il male può entrare nel cuore di un servitore della Chiesa. Come può un prete, al servizio di Cristo e della sua Chiesa, arrivare a causare tanto male?
Come può aver consacrato la sua vita per condurre i bambini a Dio e finire invece per divorarli in quello che ho chiamato “un sacrificio diabolico”, che distrugge sia la vittima sia la vita della Chiesa?
Alcune vittime sono arrivate fino al suicidio.
Questi morti pesano sul mio cuore, sulla mia coscienza e su quella di tutta la Chiesa.
Alle loro famiglie porgo i miei sentimenti d’amore e di dolore e, umilmente, chiedo perdono.
Si tratta di una mostruosità assoluta, di un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna.
Gesù usa parole molto severe contro tutti quelli che fanno del male ai bambini: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Matteo 18,6). La nostra Chiesa, come ho ricordato nella lettera apostolica “Come una madre amorevole” del 4 giugno 2016, deve prendersi cura e proteggere con affetto particolare i più deboli e gli indifesi.
Abbiamo dichiarato che è nostro dovere far prova di severità estrema con i sacerdoti che tradiscono la loro missione, e con la loro gerarchia, vescovi o cardinali, che li proteggesse, come è già successo in passato.
Non potevo immaginare che quest’uomo entusiasta e appassionato di Cristo fosse stato vittima di abusi da parte di un prete.
Eppure questo è ciò che mi ha raccontato e la sua sofferenza mi ha molto colpito.
Ho visto ancora una volta i danni spaventosi causati dagli abusi sessuali e il lungo e doloroso cammino che attende le vittime.
Sono felice che altri possano leggere oggi la sua testimonianza e scoprire a che punto il male può entrare nel cuore di un servitore della Chiesa. Come può un prete, al servizio di Cristo e della sua Chiesa, arrivare a causare tanto male?
Come può aver consacrato la sua vita per condurre i bambini a Dio e finire invece per divorarli in quello che ho chiamato “un sacrificio diabolico”, che distrugge sia la vittima sia la vita della Chiesa?
Alcune vittime sono arrivate fino al suicidio.
Questi morti pesano sul mio cuore, sulla mia coscienza e su quella di tutta la Chiesa.
Alle loro famiglie porgo i miei sentimenti d’amore e di dolore e, umilmente, chiedo perdono.
Si tratta di una mostruosità assoluta, di un orrendo peccato, radicalmente contrario a tutto ciò che Cristo ci insegna.
Gesù usa parole molto severe contro tutti quelli che fanno del male ai bambini: “Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino e fosse gettato negli abissi del mare” (Matteo 18,6). La nostra Chiesa, come ho ricordato nella lettera apostolica “Come una madre amorevole” del 4 giugno 2016, deve prendersi cura e proteggere con affetto particolare i più deboli e gli indifesi.
Abbiamo dichiarato che è nostro dovere far prova di severità estrema con i sacerdoti che tradiscono la loro missione, e con la loro gerarchia, vescovi o cardinali, che li proteggesse, come è già successo in passato.
Nella disgrazia, Daniel Pittet ha potuto incontrare anche un’altra faccia della Chiesa e questo gli ha permesso di non perdere la speranza negli uomini e in Dio. Ci racconta anche della forza della preghiera che non ha mai abbandonato e che lo ha confortato nelle ore più cupe.
Ha scelto di incontrare il suo aguzzino quarantaquattro anni dopo e di guardare negli occhi l’uomo che l’ha ferito nel profondo dell’animo.
E gli ha teso la mano.
Il bambino è oggi un uomo in piedi, fragile ma in piedi.
Sono molto colpito dalle sue parole: “Molte persone non riescono a capire che io non lo odi. L’ho perdonato e ho costruito la mia vita su quel perdono”.
Ringrazio Daniel perchè le testimonianze come la sua abbattono il muro di silenzio che soffocava gli scandali e le sofferenze, fanno luce su una terribile zona d’ombra nella vita della Chiesa.
Aprono la strada a una giusta riparazione e alla grazia della riconciliazione e aiutano anche i pedofili a prendere coscienza delle terribili conseguenze delle loro azioni.
Ha scelto di incontrare il suo aguzzino quarantaquattro anni dopo e di guardare negli occhi l’uomo che l’ha ferito nel profondo dell’animo.
E gli ha teso la mano.
Il bambino è oggi un uomo in piedi, fragile ma in piedi.
Sono molto colpito dalle sue parole: “Molte persone non riescono a capire che io non lo odi. L’ho perdonato e ho costruito la mia vita su quel perdono”.
Ringrazio Daniel perchè le testimonianze come la sua abbattono il muro di silenzio che soffocava gli scandali e le sofferenze, fanno luce su una terribile zona d’ombra nella vita della Chiesa.
Aprono la strada a una giusta riparazione e alla grazia della riconciliazione e aiutano anche i pedofili a prendere coscienza delle terribili conseguenze delle loro azioni.
Prego per Daniel e per tutti coloro che, come lui, sono stati feriti nella loro innocenza, perchè Dio li risollevi e li guarisca e dia a noi tutti il Suo perdono e la Sua misericordia.”
Francesco 6.12.2016
don Roberto
Francesco 6.12.2016
don Roberto