2 luglio 2018
Monsignor Carlo Alberto Capella ha 50 anni, è stato ordinato prete nel 1993 nella diocesi di Milano ed era un diplomatico del Vaticano in servizio alla Nunziatura di Washington, dove ha consumato il reato per il quale il 24 giugno scorso è stato condannato dal tribunale del Vaticano a cinque anni di reclusione e 5000 euro di multa: detenzione e scambio di materiale pedopornografico con l’aggravante della ingente quantità.
Il monsignore reo confesso ha dichiarato in udienza: ” Gli errori che ho fatto sono evidenti ed evidente è anche il fatto che si riferiscono ad un periodo di fragilità, sono dispiaciuto che la mia debolezza abbia inciso sulla vita della Chiesa, della Santa Sede e della diocesi e sono addolorato per la mia famiglia. Spero che questa situazione possa essere considerata un incidente di percorso nella mia vita sacerdotale, che amo ancora di più”.
Queste le parole riportate dal quotidiano cattolico “Avvenire”. Non una, di queste parole, per chiedere scusa ai bambini violentati dai suoi occhi libidinosi, diventati oggetto delle sue turpi voglie. Questi bambini sono semplicemente, per questo monsignore, “un incidente di percorso”.
Quello che conta, invece, è la Chiesa, é la Santa Sede, é la sua famiglia. Incredibile!
Quanta povertà umana in questo cuore! Un cuore che ha fatto di se stesso il centro del mondo.
Lascio la parola ad un altro prete, che è stimato da tanti e scrive per il suddetto quotidiano “Avvenire”, don Maurizio Patriciello, il quale ha preso una posizione molto forte a proposito di questa vicenda. Riporto parte del suo articolo del 26 giugno.
“Dietro ogni foto e ogni filmato di un bambino violentato c’è un bambino vero, di carne, che in qualche parte del mondo soffre, piange, si dispera. Un innocente che ci supplica e chiede il nostro aiuto. Un nostro fratellino o una nostra sorellina, che, purtroppo, è tra gli artigli velenosi di belve senza scrupoli, capaci di provare per quei corpicini tremanti e indifesi un’attrazione sessuale che supera e spezza ogni logica e dignità umana…Del dramma della pedofilia si parla sempre troppo poco, magari influenzati dall’emozione di una storia particolarmente tragica. Se ne parla solo quando la punta dell’immenso iceberg inizia ad affiorare. Occorre, invece, tenere alta l’attenzione e sapere che, mentre si viene distratti da notizie e programmi tv di cui potremmo fare a meno, i pedofili, come in balia di un demone che li rode, non dormono, non riposano, non sonnecchiano. Al contrario, si danno da fare per continuare a soddisfare le loro voglie, fare male ai piccoli ed evitare di cadere nella rete della giustizia.
I meandri di internet, come i cunicoli sotterranei di una grande metropoli, si prestano a soddisfare certe insane voglie. davanti allo schermo di un computer si ha l’impressione di avere a che fare con qualcosa di irreale. Di non fare male a nessuno. Quel bambino che il pedofilo on line guarda e sul quale si eccita non c’è. Lui non lo tocca. E invece quel bambino c’è. Esiste. E’ tenuto prigioniero, e deve essere liberato.
E il pedofilo on line sa che il suo comportamento alimenta un traffico vergognoso…Monsignor Carlo Alberto Capella, nostro confratello… è stato giudicato colpevole e condannato a 5 anni di reclusione…Il fondatore di Meter, don Fortunato Di Noto, che tanto sta facendo a favore delle piccole vittime della pedofilia e della pedopornografia, si è detto stupito che don Capella abbia definito “un incidente di percorso” nella sua vita sacerdotale il reato che ha ormai confessato, e che voglia continuare ad essere prete. Mi unisco al suo stupore.
Non di “incidente di percorso” si tratta, ma di qualcosa di molto grave che ha portato e sta portando tanta sofferenza agli innocenti e alla Chiesa. Don Capella deve scontare la sua pena e avviare un percorso per ritrovare se stesso. Il Vangelo che tante volte ha letto e commentato lo invita alla conversione, alla penitenza, all’espiazione. E lui e gli altri sacerdoti che si sono macchiati di questo orribile delitto devono sapere che tanti confratelli in tutto il mondo tanno arrossendo in volto per il loro peccato. E che tanta gente, a causa di questi insopportabili scandali, fa fatica a continuare ad avere fiducia nei preti. Al termine della pena, don Capella potrà fare ancora tante belle cose, impegnarsi per gli ultimi, gli emarginati, i poveri. Rendersi disponibile in qualsiasi forma e luogo dove c’è bisogno. Non più da prete, però!”.
Nessun commento. Solo una constatazione: ci sono comunque ancora tanti bravi preti in circolazione. Sono la stragrande maggioranza. Non fanno rumore e lavorano da mattina a sera (e anche di notte) nella vigna del Signore. Sudano e faticano con la gioiosa certezza che solo in Gesù c’è la vera felicità.
Sono preti poveri. Non poveri preti.
don Roberto Pandolfi