4 giugno 2018
Va molto di moda, in questi ultimi tempi, il tema delle “fake news”, delle notizie fasulle con le quali si distorce la verità o si dice solo parzialmente la verità, soprattutto attraverso i nuovi mezzi di comunicazione.
A questo proposito avevo conservato, perchè illuminante, un’intervista concessa da monsignor Dario Edoardo Viganò, allora Prefetto della Segreteria per la comunicazione del Vaticano (il nuovo dicastero voluto da Papa Francesco per coordinare l’azione di tutti i vari enti che si occupano della comunicazione della Santa Sede, dal centro televisivo vaticano all’Osservatore romano fino al servizio internet vaticano) e pubblicata sul numero del 16 febbraio 2017.
Una domanda era particolarmente inerente al tema “verità”.
“A proposito di “verità”…cosa ne pensa del dibattito, molto attuale, sulla “post-verità”: questo proliferare di “pseudo-verità” per cui l’opinione, il sentito dire, il convincimento personale si sostituiscono al dato oggettivo?”.
Splendida la risposta di mons. Viganò: “Un’informazione claudicante e incerta, che porta con sè il margine dell’approssimazione o, peggio, della falsificazione, con ripercussioni nei confronti dell’altro, è un rischio nonchè un crimine. Come ha ricordato spesso Papa Francesco: “Una cosa che può fare molto danno nei mezzi di informazione è la disinformazione: cioè, di fronte a qualsiasi situazione dire solo una parte della verità e non l’altra. Questo è disinformare. La disinformazione è probabilmente il danno più grande che può fare un mezzo, perchè orienta l’opinione in una direzione, tralasciando l’altra parte della verità. E poi, credo che i media devono essere molto limpidi, molto trasparenti…”.
La verità si trova in mezzo alle chiacchiere, alle mezze verità, alle menzogne e per districarsi tra di esse è decisiva la professionalità e la correttezza del comunicatore, capace di sgombrare il campo dalle falsità.
Come ha scritto Pierluigi Battista sul Corriere della sera: “C’è un solo modo per arginare la forza delle notizie false e manipolate: combattere una battaglia di controinformazione democratica, fatto contro bugia, argomento contro falsificazione, dati contro fantasie”.
Magnifiche parole!
Peccato che, come capita spesso a noi preti e tante altre categorie di persone, tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare.
E infatti mons. Viganò non è più Prefetto della Segreteria per la Comunicazione.
Il 19 marzo 2018 ha rassegnato le dimissioni, immediatamente accettate dal Papa.
Perchè? Perchè il paladino della trasparenza, della correttezza, della controinformazione democratica, della professionalità e di chissà quante altre virtù è stato beccato con le mani nella marmellata. Ha taroccato una lettera del papa emerito, Benedetto XVI, in occasione della presentazione della collana “La teologia di Papa Francesco”, lettera nella quale il papa emerito, dopo aver elogiato quello in carica, diceva che non avrebbe scritto un contributo sulla collana anche per la presenza, tra gli autori, di un teologo promotore di iniziative anti-papali durante il suo pontificato, e che, comunque, non aveva intenzione di leggere ” gli undici volumetti”.
Indovinate quale parte della lettera è stata resa pubblica, con tanto di foto che oscurava i passaggi non graditi? Scoperto il trucco dalla corrispondente dell’Associated Press, Nicole Winfield, al povero Viganò non sono rimaste altro che le dimissioni.
Almeno lui le ha date, verrebbe da dire, al contrario di tanti altri che, pur combinandone anche di più gravi, sono rimasti e rimangono al loro posto.
E questa è la piccola speranza che mi lascia questa deprimente vicenda: qualcuno ha ancora il coraggio di dare le dimissioni, con un atto di, seppur tardiva, coerenza.
E qualcuno ha il coraggio di accettarle, anche se questo implica l’ammissione di aver sbagliato una scelta. D’altronde anche Gesù aveva nominato come economo un ladro (Gv. 12,5-6).
don Roberto