12 ottobre 2020
La paura ci accompagna. Paura del buio, quando si è piccoli. O di qualche mostro che è abituato a mangiare bambini. O dell’uomo nero. Già, dell’uomo nero.
Anche da adulti abbiamo le nostre paure. E qualcuno ci campa, politicamente parlando (ma forse sarebbe meglio dire: “cadreghinamente” parlando), sulle nostre paure. Che poi potrebbero riassumersi tutte in una: abbiamo paura del “diverso”. Paura di chi ha la pelle diversa dalla nostra, di chi parla una lingua diversa dalla nostra. Paura delle culture diverse dalla nostra. Paura delle religioni diverse dalla nostra. Paura delle novità, così diverse dal nostro tran tran.
Abbiamo paura di tutto quello che scompagina le nostre abitudini. E infatti facciamo rientrare nelle nostre abitudini anche Gesù, che , invece, è lo scompaginatore per eccellenza. Spesso la nostra paura ci fa reagire in modo violento verso chi è diverso. Non è odio, il nostro. E’ paura.
Che ci fa temere per il nostro comodo, per le nostre certezze, più o meno vere e comunque acquisite in tanti anni di compromessi, di prudenza, forse di viltà. Abbiamo paura che qualcuno o qualcosa di diverso ci rovini la vita, ci porti sul lastrico, ci riduca alla fame. Ecco allora la chiusura, del cuore e della mente. Chiusura che in chi è particolarmente debole sfocia nella violenza, nella disperazione, nei gesti estremi. Nell’annientamento del diverso, con l’illusione di ritrovare la serenità del vivere. Serenità che non verrà mai, perchè non c’è dentro l’anima.
E così, per restare a galla nella vita, tanti si aizzano a vicenda, facendo crescere le reciproche paure, invece di superarle e andare oltre. Perchè la persona coraggiosa non è quella che non ha paura. Chi non ha mai paura è solo un temerario, pericoloso per sè e per gli altri. La persona coraggiosa è quella capace di vincere la paura e di fare esattamente il contrario di quello che la paura spingerebbe a fare.
Alla fine, dunque, non è così negativa, la paura. Se ammessa onestamente e affrontata seriamente ci permette di stringere mani, anzichè dare pugni, di cercare il confronto, anzichè rifugiarsi in trincea. Ben venga, allora, la paura, se ci permette di essere persone più umili e più accoglienti. Cioè persone migliori.
don Roberto