26 marzo 2018
Siamo arrivati alla Settimana Santa, metafora della vita di ognuno di noi.
Questa settimana, infatti, è per Gesù un concentrato di situazioni e di sentimenti che sono comuni ad ogni persona di ogni tempo. Inizia con il trionfo, con gli applausi, con il trionfo dell’ingresso in Gerusalemme.
E chi di noi non ha vissuto momenti esaltanti nella propria vita? Momenti nei quali gli altri ti manifestano la loro stima, la loro approvazione, momenti nei quali si è benvisti e si ricevono tante gratificazioni, momenti nei quali le tue qualità positive sono riconosciute e apprezzate. Momenti che possono durare poco, ma che sono importanti per capire anche il proprio dovere, la propria chiamata a rendere migliore il mondo, la propria responsabilità nell’essere collaboratori della felicità degli altri.
Gesù, poi, trascorre momenti belli, di amicizia intensa e profonda, a Betania, nella casa di Lazzaro, con Marta e Maria. E’ l’esperienza dell’essere accolti e capiti e dell’accogliere e del capire. E’ l’esperienza del sentirsi amati e dell’amare, che tanta parte ha nella nostra felicità. Diciamocelo: esperienza piuttosto rara, perchè non è facile essere amati e nemmeno amare. Soprattutto non è facile essere amati come si vorrebbe essere amati e amare come l’altro vorrebbe essere amato.
E arriviamo alla Cena, a quella prima Eucaristia che è momento di intimità profonda con i discepoli, con gli “amici”, momento di dono e di servizio commosso di Dio che lava i piedi degli uomini.
Dà tanta gioia anche a noi metterci a disposizione, eseguire bene il proprio compito, compiere in pienezza la missione che ci è stata affidata in famiglia, sul lavoro, nella società.
Ma nella vita ci sono anche i dolori. Ecco allora la solitudine. Gli “amici” si rivelano per quello che sono, poveracci pieni di cibo e di vino, che non riescono a vegliare in preghiera con Gesù e si addormentano.
E che dire del tradimento di Giuda? Quante volte siamo stati abbandonati e traditi da quelli che credevamo amici!
E quante volte abbiamo tradito e abbandonato! La nostra fragilità prende spesso il sopravvento. Il nostro bisogno di affetto e di comprensione può diventare un mostro vorace che divora chiunque gli giunga vicino, che spaventa e incatena l’altro, che ci fa possedere senza amare.
E vivere dolorosamente sulla nostra pelle l’esperienza terribile dell’essere lasciati soli non è garanzia di lezione capita e assimilata, non è garanzia di atteggiamento solidale da parte nostra, di vicinanza e di sostegno a chi si trova ad aver bisogno di una parola, di un sorriso, di una carezza.
Qualche volta non ci accorgiamo neanche delle esigenze dell’altro. Qualche volta ce ne accorgiamo e facciamo finta di niente, poveri sacerdoti e leviti, che magari hanno anche il coraggio di criticare il buon samaritano.
Gesù vive la tremenda esperienza del dileggio, degli sputi, delle percosse, del flagello che penetra nelle carni, della corona di spine, dei chiodi. E’ la sofferenza. Quella fisica e quella morale. La sofferenza che ogni tanto sconvolge la nostra vita e ci lasci attoniti, inebetiti, come pugili “suonati”. E’ la sofferenza che non ci lascia uguali a prima, che ci migliora o ci peggiora, senza vie di mezzo. E’ la sofferenza nella quale, spesso, Dio è l’unico salvagente a cui aggrapparsi. Una sofferenza che ucciderebbe se non si aprisse alla gioia della Risurrezione.
Perchè Gesù risorge.
La sofferenza e la morte non sono l’ultima parola. L’ultima parola è la vita. Una vita piena. Che offre luce anche ai terribili momenti di dolore. Che dona serenità profonda anche in situazioni umanamente raccapriccianti.
Il nostro Dio mantiene le promesse. Ci ha promesso la Vita.
Sentiamo, dunque, in questi giorni, la vicinanza del Signore. Non siamo mai soli.
Lui c’è! E ci prende in braccio per aiutarci nel cammino. Perchè lo sa che la nostra vita non è sempre facile.
Con Lui, però, può essere sempre bella.
Buona Pasqua!
don Roberto