9 ottobre 2017
In Seminario ci avevano parlato spesso della parrhesia, una parola greca presente nei Vangeli, negli Atti degli Apostoli, nelle lettere di san Paolo.
Veniva generalmente tradotta con “franchezza”. Franchezza soprattutto nel parlare, dicendo ciò che piace a Dio , anche se non piace agli uomini.
Qualcuno qualifica la parrhesia come una virtù, cioè un’ apertura di cuore che diventa libertà di parola.
Non una libertà disordinata, assoluta, bensì legata alla verità e al bene così che, con franchezza, si dice ciò che è necessario, ciò che è utile, ciò che è vero.
La parrhesia-franchezza esclude quindi automaticamente la calunnia, la diffamazione, la disinformazione, l’adulazione e la vuota retorica. Parlare con franchezza, apertamente, senza nascondere il proprio pensiero per opportunismo o paura, senza tacere anche quando si rischia di urtare la suscettibilità di qualche potente, non è esercizio molto praticato al giorno d’oggi.
E forse non lo è stato mai. Anche dai cristiani. Eppure Gesù ha sempre parlato con franchezza, avendo come unico scopo quello di insegnare “la via di Dio”.
E così gli Apostoli, che non tengono conto delle persecuzioni e scelgono di “annunciare la Parola di Dio con franchezza”, costi quel che costi.
Una virtù già praticata anche dai profeti dell’Antico Testamento e raccomandata da molte correnti filosofiche del mondo greco-romano. Certo, non è facile dire apertamente qualcosa di scomodo, qualcosa che va contro l’opinione comune o i potentati di turno, siano essi politici o economici o ecclesiastici o culturali. Spesso si rischia l’emarginazione o il sorrisino ironico o lo sguardo di compatimento o la punizione vera e propria.
Purtroppo esiste ancora, in tanti ambienti, l’utilizzo della tecnica ” colpirne uno per educarne cento”.
E questa tecnica, purtroppo, dà i suoi frutti in termini di silenzi complici, di schieramenti a favore del più forte, di sistematica demolizione di chi ha osato parlare con parrhesia.
Quanto bisogno ci sarebbe di questa virtù! E quanto bisogno avrebbero i potenti di saper ascoltare chi la pratica!
Ma bisogna avere pazienza. Quasi mai i potenti sono davvero intelligenti (nel senso di intelligenza, non di quoziente intellettivo) e per questo prima o poi commettono errori marchiani che li espongono al pubblico ludibrio e li ridimensionano al livello delle normali creature. Per quanto riguarda noi, discepoli di Gesù, credo proprio che dovremmo imparare dal Maestro e dire sempre e soltanto ciò che piace a Dio. Anche a costo della croce.
don Roberto