6 marzo 2017
Potremmo essere contenti.
Nell’anno scolastico 2015/16 hanno frequentato l’ora di religione l’87,8 per cento degli studenti delle scuole statali italiane.
E’ un dato che impressiona, se rapportato alla percentuale di coloro che, oltre a dirsi cattolici, frequentano la Messa domenicale.
Significa che gli italiani hanno ancora un fondo di fede e ritengono importante che i loro figli abbiano anche una certa istruzione religiosa. Infatti la scelta, per la stragrande maggioranza degli alunni/studenti, è ancora fatta dai genitori.
Se guardiamo un po’ più in profondità i numeri scopriamo cose alquanto interessanti.
Alla scuola primaria (elementari) frequenta l’ora di religione il 91,6% degli alunni, alla scuola media l’89,6% e alle superiori l’81,6% ( (84,1% nei licei e 77,5% negli istituti professionali).
Nel nord dell’Italia la percentuale di frequentanti si abbassa all’82,2% mentre al Sud è del 97,7%.
Nelle grandi città del centro-nord siamo al 76%.
Dal 1993/94 ad oggi la percentuale dei “non avvalentesi” è aumentata dal 6,5% al 12,2%.
Fa pensare il fatto che la percentuale diminuisca notevolmente alle scuole superiori, quando i ragazzi fanno scelte autonome dai genitori, ma il numero di giovani che comunque frequenta l’ora di religione è assai elevato, soprattutto se facciamo il confronto con quanti frequentano gli incontri di catechismo.
L’insegnante di religione ha la possibilità di incontrare i giovani (e i loro genitori) in contesto più “normale” rispetto a quello della Parrocchia, può ascoltarli e, chissà, può anche dire la classica “buona parola” a ragazzi sempre più smarriti e senza punti di riferimento.
E non vorrei che qualche insegnante si sentisse offeso nell’essere considerato come colui/colei che dice “una buona parola”.
Le competenze e le capacità didattiche devono essere notevoli, ma non ci si può mai dimenticare che un cristiano esiste per annunciare Gesù, senza la pretesa di fare proseliti e di riempire le chiese, ma semplicemente perchè non può farne a meno.
Detto questo, spero che nella preparazione al Sinodo sui giovani vengano ascoltati in modo tutto particolare gli insegnanti di religione, che i giovani li incontrano tutti i giorni. E anche gli insegnanti cristiani che operano alle scuole superiori e nelle università.
Gli studenti non esauriscono il panorama giovanile italiano, ma è inutile negare che ne costituiscono una larga fetta.
E così sarebbe bello ascoltare, al Sinodo, anche la voce dei giovani, magari quelli non proprio “allineati” con le posizioni della Chiesa cattolica, per capire che cosa si aspettano davvero dalla suddetta Chiesa, senza ricette previe da noi confezionate.
Sarebbe bello tentare di fare un’indagine in tutte le scuole superiori di Como a all’università dell’Insubria con una domanda molto semplice: “come vi sembra la Chiesa cattolica?”.
E poi un’altra: “che cosa chiedete alla Chiesa cattolica?”.
Forse avremmo una risposta più diversificata rispetto alle solite.
E meno rassicurante.
E più stimolante.
Forse ci impegneremmo a cercare una qualche forma di incontro e dialogo più autentici e più rispettosi, senza lo spocchioso atteggiamento di chi sa già tutto, che spesso contraddistingue noi cattolici praticanti.
don Roberto