7 agosto 2017
Son un sopravvissuto.
Di più: un miracolato! E non ho mai saputo di esserlo!
Almeno fino a qualche giorno fa, quando ho letto sul “Corriere della sera” un titolo inquietante, su cinque colonne : “Politecnico, scatta l’allarme morbillo. Due dottorandi contagiati. Situazione sotto controllo”.
All’inizio ho pensato alla peste di manzoniana memoria, con migliaia di milanesi in giro febbricitanti, a pois rossi, con sguardo allucinato, alla ricerca disperata di un ricovero ospedaliero, ma rifiutati da tutti i nosocomi a causa dell’epidemia ormai dilagante con la sua tremenda contagiosità.
Poi mi sono ricordato di aver avuto il morbillo!
E lì mi è venuto un colpo: ce l’ho fatta a sopravvivere!
Avevo sette anni e stavo facendo gli esami di seconda elementare (sì, perchè quando frequentavo le elementari c’erano gli esami in seconda oltre che in quinta). Terminati i giorni delle prove scritte (italiano, matematica e disegno), ero in attesa degli orali.
Ed ecco l’imprevisto: febbre e puntini rossi pruriginosi su tutto il corpo.
Ottenni il privilegio di essere interrogato per primo e poi a casa, senza poter uscire a giocare per qualche giorno e dovendo guardare la televisione (in bianco e nero) con lo schermo ricoperto con un foglio di plastica blu di quella che si usava per ricoprire le copertine dei libri, affinchè non si deteriorassero per l’uso assiduo.
Si diceva infatti che il morbillo provocasse la cecità e quindi che non si potesse stare alla luce nè guardare fonti luminose. Ricordo ancora il mio telefilm preferito, “Rintintin”, in colore azzurrognolo.
Grazie a questi accorgimenti e a quintali di talco Fissan (che allora aveva un odore imbarazzante), sono riuscito a guarire e, dico ora, non era scontato.
Così come quasi tutti i miei compagni di classe, che avevano iniziato ad ammalarsi prima degli esami (lì ho capito la pericolosità estrema di frequentare una persona già colpita dal morbo, ma asintomatica, e ho appreso il valore inquietante della parola “incubazione” ascoltando il medico che parlava con la mia mamma. Ovviamente, poi, ho fatto la varicella, con le sue mitiche crosticine da non toccare (e, da bambino disubbidiente, ho una piccola cicatrice sulla fronte), la pertosse, gli orecchioni (durante gli esami di quinta elementare!)… erano le cosiddette “malattie dei bambini” e ricordo le felicitazioni di nonni e genitori tutti contenti perchè “sarebbe stato più brutto farle da grandi”. Ora, non voglio dire che sia una passeggiata, il morbillo, ma mi viene spontaneo pensare che non sia pericolosissimo.
E lo so che nei Paesi poveri ogni anno due milioni di bambini muoiono con il virus, ma non sarà perchè il morbillo ha trovato corpicini già allo stremo per altre cause? O perchè mancano le cure di base?
Mi viene il dubbio (sicuramente infondato) che dietro alle minacce di pandemie (ricordate l’aviaria, l’influenza dei polli?) ci sia un giro di miliardi da parte delle case farmaceutiche.
Qualche volta mi sembra che ci sia il tentativo di creare artificialmente paure dalle quali qualcuno trae un tornaconto. Ma è facile parlare, per uno che è stato miracolato!
Però forse sarebbe il caso di porsi seriamente alcune domande riguardo all’obbligo dei vaccini (almeno di alcuni vaccini) e ascoltare anche gli scienziati (e ce ne sono tanti) che non sono così favorevoli alle vaccinazioni di massa. Ringraziando comunque la scienza per aver debellato, grazie al vaccino, il vaiolo (io ho le cicatrici sul braccio) e per avermi evitato la poliomielite (ricordo ancora il sapore tremendo di quell’intruglio marrone dato sullo zuccherino).
don Roberto