30 marzo 2020
Una delle frasi che si sentono più spesso, quando si parla di immigrazione, è più o meno questa: “Anche noi italiani siamo stati emigranti e siamo partiti, poveri, per fare fortuna in altri posti del mondo”. In questa frase c’è un errore fondamentale: il tempo dei verbi.
Infatti l’emigrazione dei nostri connazionali non è un evento da confinarsi nel passato, bensì è una realtà ben presente anche oggi. I dati dell’Istat parlano chiaro:tra il 2008 e il 2018 ben 816.000 italiani sono andati a risiedere all’estero,117.000 solo negli ultimi due anni. E la stragrande maggioranza di queste centinaia di migliaia di persone sono giovani con un’età media attorno ai trent’anni.
Nel 2018 il Regno Unito ha accolto 21.000 italiani, la Germania 18.000, la Francia 14.000, la Svizzera 10.000, la Spagna 7.000 e poi ci sono Brasile, Stati Uniti, Australia e Canada…il mondo!
Ma le sorprese non sono finite. Non certo con le proporzioni degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, ma c’è ancora un esodo interno in continua crescita nel nostro Paese. Nel 2017 circa 117.000 giovani provenienti dal Meridione si sono stabilmente trasferiti nelle città del Nord Italia. Ed è impressionante constatare che dal 2000 a oggi ben 2 milioni di persone, soprattutto giovani, hanno percorso la strada dei loro nonni. Secondo i calcoli statistici nei prossimi 50 anni il Sud perderà 5 milioni di residenti che producono reddito, la popolazione subirà un ulteriore invecchiamento e ci sarà uno spopolamento pressochè totale dei piccoli centri.
Inoltre bisognerebbe dire che le paghe si abbassano, che il lavoro part time non volontario si sta diffondendo sempre più, che i contratti a tempo determinato sono sempre più rari…
Ce n’è abbastanza per rendersi conto che la situazione è un po’ più complessa di come ci vogliano far credere certi imbonitori da strapazzo. Forse più che sprecare forze nell’individuare nemici da combattere, bisognerebbe concentrare le energie sulla ricerca dell’autentico bene di tutti.
Viviamo ormai immersi in una società cosmopolita, dove le differenze e le distanze tendono ad annullarsi, dove le persone possono apprezzarsi per quello che sono e non per le loro caratteristiche esterne, eppure rimane bello coltivare le proprie radici, vivere intensamente la propria cultura, le proprie tradizioni, comunicare agli altri il meglio di ciò che si è ricevuto, accogliendo da essi il loro. Chissà, forse i giovani che sono andati all’estero sono partiti contenti.
O forse no. Sarebbe bello, però, se fossero ambasciatori gioiosi di una possibilità nuova per il mondo:un incontro tra popoli dove ognuno mette a disposizione degli altri il meglio di sè. E potremmo farlo anche noi, restando in Italia e cominciando dal nostro condominio.