21 ottobre 2019
E’ entrata in vigore nel mese di giugno in Quebec, la provincia francofona del Canada: la legge 21 prevede che gli impiegati pubblici (giudici, insegnanti, poliziotti…) non possono indossare simboli rivelatori della loro appartenenza religiosa. Kippah, turbante, hijab, croce non possono diventare segni pubblici di qualcosa (la fede religiosa) che, in nome della laicità dello Stato, deve rimanere confinato nella sfera strettamente privata.
Perchè proprio questo è il problema: nessuno vieta (ancora) di professare una fede purchè questa fede rimanga nascosta tra le mura domestiche e trovi espressione “pubblica” solo nei luoghi preposti al culto. Chissà quali paure ci sono dietro provvedimenti di questo tipo! Forse la paura degli estremismi. Ma gli estremismi possono prosperare ovunque, anche tra chi professa la laicità dello Stato (gli obbrobri della dea Ragione li conosciamo tutti).
Fermi restando alcuni (pochi) provvedimenti relativi all’ordine pubblico, lo Stato deve farsi garante del libero esercizio del proprio modo di essere da parte del cittadino. Certo, ci potrebbe essere qualche imbarazzo per un naziskin farsi giudicare da un giudice con la kippah, ma solo perchè si ritiene che l’appartenenza religiosa possa essere causa di pregiudizi e non permetta il giusto equilibrio di chi è chiamato ad esprimere un giudizio…
In ogni caso,poi, questo dovrebbe valere per ogni simbolo che dica appartenenza. Ve l’immaginate un ebreo che si vede di fronte un giudice con la svastica tatuata sulla fronte? Per dirla tutta, è anche vero che non sempre persone che sfoderano simboli religiosi a go go danno prova di reale capacità di giudizio e nemmeno di grande coerenza con i valori religiosi espressi da quei simboli. E’ più facile portare una bella croce al collo (magari nella versione pauperistica di legno d’ulivo, che fa tanto green e francescano) che andare a Messa tutte le domeniche e mettere in pratica ogni giorno gli insegnamenti di Cristo. Sarebbe bello se ognuno fosse molto affezionato alla propria identità e, nello stesso tempo, aperto senza paura a quella degli altri.
Il confronto è sempre positivo e non deve per forza arrivare allo scontro. Per quanto riguarda noi cristiani, poi, la Lettera a Diogneto (uno dei documenti più antichi del cristianesimo) dice che i discepoli di Gesù non devono essere riconoscibili perchè abitano in città particolari o vestono in modo particolare, ma per come si comportano. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avrete amore gli uni per gli altri”.
don Roberto