Laici

31 Ottobre 2016
Cambiano i parroci, cambiano i vescovi e nelle Comunità restano i laici. Già solo questo fatto dovrebbe permetterci di intuire che il Popolo di Dio è composto da una molteplicità di elementi e che forse i più acculturati non sempre sono gli elementi migliori.Alla fine di aprile il Papa ha scritto una lettera al Presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina, card. Marc Ouellet, a conclusione dei lavori dell’assemblea plenaria della suddetta Commissione. Ed è stato particolarmente duro, prendendosela con una piaga che sta intaccando il tessuto ecclesiale dell’America Latina, dopo aver devastato per secoli il nostro:il clericalismo. Scrive il Papa:”devo aggiungere un altro elemento che considero frutto di un modo sbagliato di vivere l’ecclesiologia proposta dal Vaticano II. Non possiamo riflettere sul tema del laicato ignorando una delle deformazioni più grandi che l’America Latina deve affrontare, il clericalismo. Questo atteggiamento non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente”. Ormai quasi ovunque anche nelle nostre Chiese si assiste alla diminuzione numerica del clero. L’unica vocazione che non è in crisi è quella dei vescovi. Lì,chissà perchè, si trovano sempre uomini pronti a portare la croce ( e che croce!). Per obbedienza, ovviamente. Quando si “scende” di livello,però, vediamo sempre più spesso accorpamenti di parrocchie, accanto ad uffici di curia ancora saldamente in mano ai preti. Il parroco resta ancora il centro della vità di una Comunità, il perno attorno al quale tutto ruota. Qualche volta persino le fotocopie! Senza il prete sembra che non si possa decidere nulla e fare nulla. Ma che senso ha la presenza di un prete nelle Comunità, parrocchiale o diocesana? Non è forse l’uomo dei Sacramenti? Se si dedicasse alla Confessione per un bel po’ di ore ogni giorno, magari in tutte le parrocchie che gli sono affidate, non sarebbe meglio che decidere la quantità di carta da acquistare per la fotocopiatrice? O trattare con la Sovrintendenza? Diciamocelo onestamente: la struttura della nostra Chiesa lascia ancora troppo spazio al prete che si crede Dio in terra e tollera solo esecutori dei suoi ordini (ovviamente sempre illuminati dall’alto) o,al massimo, collaboratori nella realizzazione dei suoi progetti. Quando ci lamentiamo per la scarsità di “vocazioni” proviamo prima a chiederci quale idea abbiamo dei laici come realmente corresponsabili della vita della Chiesa. Che ci sta a fare un prete a dirigere l’ufficio missionario della Diocesi? E uno a dirigere l’ ufficio della famiglia? Ci esibiamo in continue lamentazioni sull’allontanamento dei giovani dalla fede, ma quanti uomini e donne capaci di coltivare la spiritualità, capaci di perdere ore e ore ad ascoltare questi giovani, abbiamo formato in questi anni nelle nostre parrocchie, nei nostri seminari, nelle nostre case religiose? Quando a Cracovia i nazisti eliminarono tutto il clero della città i giovani si raccolsero attorno a Jan Tiranowsky, un sarto, che li guidava spiritualmente e manteneva viva un profondo spirito di orazione. Tra questi giovani c’era anche il futuro Giovanni Paolo II. I laici, dunque, non sono gli ultimi della classe. E spesso possono dare dei punti anche ai preti. Tanto più che vivono in ambienti dove è difficile che possa arrivare un prete: il mondo del lavoro, la politica, il condominio, la piazza sono tutti luoghi di evangelizzazione che vedono la presenza dei laici come portatori del Vangelo. E allora sarebbe proprio il caso di tornare a fare quello che già san Paolo prefigurava attraverso il paragone del corpo: ad ognuno il suo, senza usurpare il ruolo degli altri e cercando di stimarsi ed apprezzarsi come costruttori del Regno di Dio.
don Roberto