2 novembre
Viviamo per morire o moriamo per vivere?
Quale delle due è giusta? In realtà le due prospettive si compenetrano. Senza dubbio la morte è quello che aspetta ognuno di noi. E’ la cosa più democratica ed egalitaria che esista. Davanti alla morte nulla possono i soldi, la fama, il potere. finalmente in quel momento non esisteranno più differenze sociali. Una realtà, la morte, che priva di tutto ciò che aveva una qualche attinenza con la materialità. Lo si dice spesso, ma lo si dimentica ancora più spesso, che “di là non si porta nulla”. Eppure sarebbe tragico se la morte fosse proprio la fine di tutto.
La fede cristiana ci aiuta a dare un orizzonte più ampio alla nostra vita e, quindi, anche alla nostra morte. La quale diventa un passaggio da una vita all’altra. E, insieme questo “transito” fa capolino l’idea di un incontro con il Giudice, che dovrà esprimere una sentenza su di noi, sulla nostra vita. E a questo punto, se la morte non è la fine di tutto e ci aspetta un altro pezzo di esistenza, la vita terrena diventa decisiva. E’ nella vita terrena, infatti, che esprimiamo la nostra adesione a Gesù oppure il rifiuto delle Sue parole, dei Suoi comandamenti. E’ nella vita terrena che abbiamo la possibilità di far prevalere il bene anzichè il male. E’ qui che ci giochiamo l’Aldilà.
Cose ovvie, forse. O forse no. In ogni caso sarebbe bello, nel ricordo dei defunti, pensare a tutte le persone che ci hanno fatto del bene e anche a quelle che ci hanno fatto del male e che ormai raccolgono il frutto delle loro opere. Senza far mancare la preghiera per gli uni e per gli altri, potremmo chiedere al Signore di saper imitare tutti coloro che ricordiamo come benefattori e di aiutarci ad evitare il modo di agire di coloro che ricordiamo come persone negative.
don Roberto