13 marzo 2017
“Chiesa in uscita”.
“Le periferie”.
“Nuova evangelizzazione”.
Tutti concetti stupendi, travi portanti di tante conferenze e di tanti convegni e simposi.
Mi sono chiesto come un povero parroco possa passare dalle parole ai fatti.
Perchè la Chiesa ha forse anche bisogno di qualcuno che agisca oltre che di tanti che parlano.
Tra le cose che mi sono venute in mente ce n’è una che faccio da 29 anni: la benedizione di coloro che vivono e lavorano nella Parrocchia che il vescovo ha affidato alla mia cura pastorale.
E così,accompagnato dai chierichetti e dalle ministranti, per diverse settimane dedico qualche ora ad incontrare le persone, uscendo dal mio fortilizio, dal porto sicuro della sacrestia e della chiesa (con la catechesi degli adulti, i Sacramenti e tantissime altre attività meritorie, impegnative e necessarie) per affrontare il mare aperto della “gente”.
Ringrazio Dio per avermi dato la salute necessaria, in tutti questi anni, a svolgere questa parte di ministero che giudico irrinunciabile per un parroco.
E Lo ringrazio per avermi donato la possibilità di tanti incontri e di tante esperienze che hanno arricchito il mio essere prete.
In questo momento scorrono nella mia mente tanti volti di persone, tante situazioni tristi e gioiose: la badante che mi parla, piangendo, dei tre figli lontani, a cui lei vuole garantire un futuro facendoli studiare, il musulmano che mi dà venti euro di offerta “perchè so che voi aiutate tutti”, le tre spogliarelliste sudamericane che mi chiedono piangendo se Dio potrà mai perdonare i loro peccati e ricevono la benedizione in ginocchio, i nonni stanchi morti per aver curato tutto il giorno i nipoti, la moglie che si scusa per l’assenza del marito ” ma sa, lui lavora a Milano e arriva tutte le sere verso le 20.30″, gli sposini che ti comunicano con gioia di essere in attesa del loro primo figlio e ti chiedono già che cosa si deve fare per battezzarlo, la signora Testimone di Geova che ti invita a parlare di Dio, la donna Indù che ti porta a vedere l’altare in camera sua, dove, insieme a tante altre divinità, spiccano le statue della Madonna e del Sacro Cuore…
Quanta umanità, spesso dolente! Quante lezioni di vita!
Quante cose da imparare (se non altro l’avere un po’ di comprensione e di misericordia per chi non se la sente di venire agli interessantissimi incontri che noi proponiamo di sera. Oppure di Domenica).
E che dire degli insegnamenti che mi sono venuti dalla benedizione dei luoghi di lavoro?
Il rumore assordante dei telai, l’odore nauseabondo delle stamperie (con il chierichetto che ti dice: “Don, andiamo via perchè mi viene da vomitare” e tu pensi agli operai che lì dentro ci stanno 8 ore al giorno), l’ olezzo delle stalle dove l’allevatore ti mostra, tutto fiero, i due vitellini appena nati…
Quanti sacrifici! Quanta passione per il proprio lavoro!
Tutto questo e molto altro ancora è la benedizione annuale.
E’ uscire dalle proprie sicurezze per incontrare la vita vera, per incontrare i ricchi che vivono in ville sfarzose, con sauna e sala biliardo e piscina e campo da tennis, e poveri che vivono in quattro in un monolocale.
E’ rendersi conto che tantissime persone fanno sacrifici pesanti anche solo per arrivare alla fine del mese.
E’ provare a portare un po’ di Vangelo anche a chi in chiesa non viene mai.
E’ mettersi in gioco sforzandosi di capire gli altri, senza giudicarli e vedendoli come compagni di strada.
Grazie, Signore, perchè anche quest’anno mi permetti di portare la Tua benedizione alle persone che Tu mi hai affidato!
don Roberto