26 novembre 2018
Gli adolescenti adottano diverse strategie per attirare l’attenzione. A volte fanno gli eccentrici, vestendosi in modo strano, usando linguaggi strani. Altre volte fanno gli esuberanti, i matti, gli ingestibili. Altre volte ancora si mettono in un angolino, piangono, cercano la pietà e la commiserazione. La cosa importante è, comunque, attirare l’attenzione su di sè, avere un attimo di celebrità.
Sono tanto egocentrici, gli adolescenti.
Ma noi adulti lo siamo di meno? L’egocentrismo è profondamente radicato nella natura umana.
Fin da quando veniamo al mondo siamo disposti a mendicare affetto e attenzioni, quasi che solo la considerazione di altri appartenenti al genere umano e non (qualcuno mendica l’affetto anche dagli animali, che, comunque, spesso sanno donarne molto di più rispetto a noi) possa darci quelle sicurezze di cui abbiamo bisogno per stare in piedi. Tutto questo è anche accettabile, se lo si mantiene ad un livello mai troppo alto e comunque sempre sotto controllo.
Ma ogni tanto, in alcune persone, l’egocentrismo deborda e l’essere al centro dell’attenzione diventa l’unico scopo della vita. La tentazione dell’orgoglio e della vanità fanno il resto e così si rischia di essere presi in vortice dove anche il bene viene fatto in funzione del ritorno di immagine per chi lo fa.
Non vorrei esagerare, ma forse anche tante professioni di modestia, di umiltà, di altruismo possono nascondere un’idolatria nei confronti del proprio “io”.
Per attirare l’attenzione di qualcuno si può urlare da un balcone, ma anche invocare aiuto dal fondo di un tombino. Collocarsi sopra gli altri e collocarsi sotto gli altri sono due modi sostanzialmente uguali per affermare la propria originalità e per ottenere il consenso o il disprezzo. Ma al vero egocentrico non importa l’essere apprezzato o l’essere disprezzato: l’unica cosa che vale è essere al centro dell’attenzione.
Lo vediamo in tanti personaggi pubblici, ma il rischio lo corriamo tutti. D’altronde, di san Francesco si parla più che di Napoleone. Sarebbe il caso di guardarci dentro con molta onestà, riconoscendoci, comunque, come dei poveri, che hanno bisogno degli altri per sopravvivere.
Se ognuno riuscisse a stimare l’altro, a vedere nell’altro un dono, a cercare l’altro non per interesse, ma per il piacere di incontrarlo, forse non ci sarebbe bisogno di sfoggiare nessun repertorio particolare per manovrare e possedere l’altro. E poi una giusta dose di autostima, derivata dalla consapevolezza di quale grande Artista ci ha creati, aiuterebbe a sentirci Amati da questo Artista e a non avere un bisogno spasmodico dell’attenzione delle altre sue opere.
Abbiamo bisogno gli uni degli altri, ma soprattutto abbiamo bisogno di Dio.
don Roberto