6 settembre 2021
Dopo secoli di persecuzione, il corpo sta vivendo un momento di gloria. E non mi riferisco ai tentativi patetici di fermarne la decadenza con plastiche e siliconi, quanto alla riscoperta della sua importanza nella comunicazione. Cose che alcuni conoscono da sempre (e qualche volta usate per imbrogliare o condizionare le masse) oggi sono diventate oggetto della riflessione dei più.
Complice il covid, abbiamo sperimentato la bellezza degli sguardi, abbiamo capito quanto valore abbia un abbraccio, un bacio. Ci siamo allenati a sorridere con gli occhi, ma sentendo la mancanza del sorriso “canonico”, quello fatto con la bocca. Abbiamo scoperto la fragilità del nostro corpo, ma anche la sua capacità di resistenza. Abbiamo capito che dobbiamo ascoltare il nostro corpo quando ci lancia segnali di malessere, di fatica.
L’abbiamo sentito collegato strettamente, in un’unità inscindibile, con la nostra psiche. L’abbiamo considerato finalmente indispensabile per manifestare i nostri sentimenti. Insomma, il corpo, per tanti secoli trattato male dalla spiritualità cristiana, sempre pronta a calpestarne le esigenze e le pulsioni, in un ideale ascetico molto più vicino a Platone che a Gesù, si sta prendendo la sua rivincita, forte del suo essere “tempio dello Spirito Santo”.
Certo, non possiamo prescindere, pensando al nostro corpo, dallo scopo per il quale è stato creato: amare. Ogni nostro gesto dovrebbe avere il fine di manifestare amore. Così il nostro corpo diventa strumento essenziale per il messaggio di Gesù. Stringere mani, abbracciare, accarezzare, sorridere: tutti modi per dire all’altro che lo stiamo accogliendo, che gli vogliamo bene, che lo amiamo.
Un corpo, il nostro, destinato alla Risurrezione: non dimentichiamocelo mai.
don Roberto