5 settembre 2022
” A forza di tirarsi indietro è diventato papa!”. Con queste parole gli abitanti di Vittorio Veneto avevano accolto l’elezione a Sommo Pontefice di Albino Luciani, che era stato loro vescovo prima di essere chiamato a governare la diocesi di Venezia.
Poche parole, che però descrivono perfettamente quella che è stata la caratteristica più importante di papa Luciani: l’umiltà.
Umiltà vera, non l’umiltà pelosa di chi si fa vedere schivo per ricevere complimenti. Nell’omelia del suo ingresso a Venezia diceva: “Se non mi scoraggio di fronte ad un’impresa che fa tremare le vene e i polsi è perchè confido nell’aiuto che il Signore dà anche a chi vale poco. Dio, infatti, certe cose grandi ama scriverle non sul bronzo o sul marmo, ma addirittura sulla polvere perchè, se la scrittura resta, non scompaginata o dispersa dal vento, sia chiaro che il merito è tutto e solo di Dio. Io sono la polvere, l’ufficio di Patriarca e la Diocesi di Venezia sono le grandi cose che Dio ha unito alla polvere”.
L’altra caratteristica che ha reso da subito benvoluto Giovanni Paolo I è sta la capacità di entrare nel cuore delle persone annunciando il Vangelo con uno stile semplice, “alla mano”, senza fronzoli e ghirigori teologici incomprensibili ai più. La rivista “Civiltà cattolica” parlando delle sue catechesi (solo quattro) pochi giorni dopo la sua morte, scriveva: “Queste conversazioni piane, alla portata di tutti, rappresentano il vertice di una vita dedicata per intero alla contemplazione delle cose divine e alla elaborazione di un modo di comunicarle che fosse insieme concreto e avvincente. Il richiamo alla gioia e alla serenità cristiana, fatto in un momento che per il Papa non era privo di gravi preoccupazioni, ci dice che la vita è un dono che va ricevuto con amore e offerto senza calcoli. Per chi vive nella luce del Signore non è da poco poter morire col sorriso sulle labbra”.
Ringraziamo il Signore perchè ha donato alla Chiesa e al mondo il beato Giovanni Paolo I.
Ma forse il “Patriarca dei gondolieri” (come lo avevano definito, in tono ovviamente dispregiativo, alcune nobildonne veneziane, stigmatizzando la sua abitudine di prendere i normali vaporetti e di fermarsi a parlare con le persone normali che incontrava) preferirebbe che lo si continuasse a chiamare don Albino.
don Roberto